Non solo denatalità, l’Italia continua a soffrire per l’emorragia dei suoi giovani. I dati contenuti nel rapporto stilato dalla Fondazione Nord Est e presentato ieri mattina al Cnel confermano il dramma dell’emigrazione dei ragazzi: in tredici anni, cioè dal 2011 al 2023, l’Italia ha perso più di mezzo milione di giovani. E la cosa peggiore è che, a rientrare, sono davvero pochi, il saldo pertanto è più che negativo. Mancano all’appello, perché hanno preferito andarsene a lavorare all’estero, ben 377mila persone. E questi, a tornare in Italia, non ci pensano proprio: il 56% è più che soddisfatto del suo tenore di vita a differenza di chi, invece, è rimasto a casa (22%).
L’emorragia rischia di aggravarsi ancora, già perché un ragazzo italiano su tre sogna di scappare all’estero. Il 25% di loro ritiene che le opportunità di lavoro siano migliori, così come lo siano quelle di studio e formazione (19,2%). La qualità della vita è ritenuta migliore all’estero dal 17,1% del campione. Infine il 10% parla apertamente dei magri salari corrisposti in Italia. La visione del futuro è nettamente più positiva tra chi ha lasciato l’Italia: il 69% si aspetta un domani felice, contro il 45% di chi è rimasto. Al contrario, tra i giovani che restano in Italia prevalgono le visioni negative. La parola futuro, per i ragazzi che restano in Italia, non è sinonimo di speranza ma di autentico terrore: il 45 per cento degli intervistati infatti teme un futuro incerto, il 34% lo vede pauroso, il 21% lo ritiene povero e il 17% lo immagina senza lavoro.