Attualità

L’ANALISI – Migranti, toghe e democrazia

di Francesco Da Riva Grechi -


L’ANALISI DI FRANCESCO DA RIVA GRECHI – MIGRANTI, TOGHE E DEMOCRAZIA

Il fenomeno dei flussi migratori è uno dei più importanti di questa epoca e siccome ha un impatto violento sulla convivenza civile investe le fondamenta delle nostre istituzioni, come le recenti vicende giudiziarie dimostrano. Sicurezza, pulizia urbana, uso delle armi, fino al traffico di droga, di persone e ovviamente i viaggi guidati dagli scafisti e dalle Ong. Tutto questo sono i flussi migratori, alimentati e addirittura incrementati da povertà, conflitti e violenze di ogni genere. I migranti che arrivano sulle nostre coste hanno investito tutti i residui delle loro vite, spesso sono minori o donne gravide, a volte sono stati torturati, picchiati, stuprate o stuprati. Per questo la loro vita e la loro dignità deve essere al centro delle politiche di ogni governo e la magistratura deve assumere il ruolo di garante dei diritti umani e dunque esercitare la giurisdizione secondo una prospettiva di tutela dei diritti assoluti di queste persone. Ne nascono tuttavia contrasti violenti, imprevisti ed imprevedibili tra i poteri dello Stato. Sia nei processi a Matteo Salvini, sia nella discussione sui trasferimenti in Albania, sembra che nelle istituzioni si confrontino e si scontrino visioni opposte della vita, del diritto e della politica. Tutto questo è molto grave perché ostacola in modo troppo paralizzante la stessa attività di governo. Come di consueto, si cercherà una chiave d’interpretazione che abbia un significato normativo perché mai come in questo caso la scontro è tra diverse concezioni del diritto e della giurisdizione. I tedeschi chiamano grundnorm la base normativa dello Stato e del potere pubblico nello Stato ed ancora più a monte si vuole qui risalire al concetto stesso di democrazia come titolo di legittimazione di ogni norma. Ebbene la democrazia per la quale ed entro la quale si svolge la nostra vita di cittadini è essenzialmente rappresentativa. Significa che chi esercita un potere lo deve fare in rappresentanza di tutti gli altri o almeno della maggioranza di tutti gli altri. Quando sono in questione vite, carni umane, fughe dalla povertà e dalla guerra, il metodo di soluzione dei conflitti deve essere sostanziale e non formale, convincente e non cavilloso o pretestuoso, come a volte sono percepite alcune decisioni dei magistrati italiani. È questo che vogliono i soggetti rappresentati, e cioè i cittadini, il popolo, in nome del quale tante volte vengono assunte quelle decisioni nei nostri Tribunali e nelle aule di giustizia. E la politica? Può scivolare nel populismo, nello show elettorale, nella caccia al voto più emotivo e pauroso? La politica deve essere, sembrare e comportarsi sempre in modo serio e concreto perché solo così gli elettori si possono sentire effettivamente rappresentati e la vita pubblica di un paese può dirsi democratica. Il bene da tutelare e difendere, ad ogni costo, è la nostra convivenza democratica e l’equilibrio tra i poteri che, secondo i distinti ordinamenti loro propri, devono agire nel rispetto del principio di rappresentanza e dunque secondo le coordinate del consenso elettorale. Anche se la magistratura non è elettiva decide comunque “in nome del popolo” e la stessa “soggezione solo alla legge”, prevista per i giudici dalla Costituzione deve poter costituire un rapporto diretto con la sovranità popolare che ogni legge del parlamento esprime.


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