Politica

PRIMA PAGINA-Crisi in Libano, l’Italia tiene il punto

di Giuseppe Ariola -


La situazione in Libano resta un fronte caldo. E non solo in Medio Oriente, ma anche in Europa e, soprattutto, in Italia. Da Bruxelles, dove è impegnata per il Consiglio europeo, Giorgia Meloni volerà infatti alla volta della Giordania per poi proseguire verso Beirut dove oggi incontrerà il primo ministro Najib Mikati e il presidente del Parlamento Nabih Berri. Il presidente del Consiglio italiano sarà, dunque, il primo leader internazionale che si recherà in Libano dopo l’avvio delle operazioni militari di terra avviate dall’esercito israeliano, sottolineano fonti diplomatiche che anticipano come Giorgia Meloni “ribadirà la volontà italiana di contribuire alla stabilizzazione del confine israelo-libanese e chiederà l’impegno di tutte le forze libanesi a garantire in ogni momento la sicurezza del personale di Unifil. Analoga richiesta è stata effettuata dal presidente Meloni al primo ministro israeliano Netanyahu nella conversazione telefonica di domenica scorsa”. Proprio la missione Unifil ieri ha inoltre impegnato il dibattito politico sia in sede comunitaria, essendo gli attacchi subiti dai caschi blu tra i punti all’ordine del giorno del Consiglio europeo, che in Italia, con l’informativa al Parlamento tenuta dal ministro della Difesa Guido Crosetto. Nel corso dei suoi interventi, prima al Senato e poi alla Camera, Crosetto ha ribadito la linea dura tenuta fin dal primo momento in cui il contingente italiano aderente alla missione Unifil è stato preso di mira dall’Idf, definendo quella in atto come “una crisi gravissima, caratterizzata dal superamento progressivo di diverse linee rosse, nonostante i ripetuti appelli della comunità internazionale”. Se dal fronte israeliano il primo ministro Netanyahu ironizza sulla missione dell’Onu sostenendo che i militari in esse impegnati “non hanno abbattuto neanche un solo missile partito da Hezbollah”, il titolare della Difesa italiana ha insistito nel chiedere “a Israele di attenersi in modo rigoroso alle regole del diritto internazionale, come della convivenza civile tra Nazioni e Paesi, di proteggere l’incolpevole popolazione civile, a Gaza come in Libano, e di rispettare il personale e le basi, in questo caso di Unifil, schierati nel Libano del Sud su preciso mandato delle Nazioni Unite”. Crosetto, fugando nuovamente il campo da qualsiasi dubbio, ha poi ripetuto che la partecipazione italiana a Unifil e, quindi, la presenza dei nostri militari in Libano non è assolutamente in discussione, aggiungendo che “Israele deve capire che questi soldati non lavorano per una delle parti, ma sono lì per aiutare a mantenere la pace e promuovere la stabilità regionale”. Dalle parole del ministro traspare poi l’estrema gravità di una situazione che, probabilmente, sta minacciando di incrinare le relazioni diplomatiche con lo Stato ebraico più di quanto non ci si sia ancora reso effettivamente conto. È necessario, ha infatti detto ancora Crosetto, “convincere Israele, un Paese amico, affinché riprenda ad essere un interlocutore con cui si possa dialogare, anche in modo duro, ma con lo spirito costruttivo nell’interesse della pace e della stabilità. Occorre spiegare a Israele che deve riprendere il dialogo con la comunità del mondo e con tutti i Paesi, che muoversi da solo non aiuta neanche Israele”. L’atteggiamento di Tel Aviv nei confronti dei propri alleati starebbe dunque rischiando di ridursi ai minimi termini, anche con chi come l’Italia “continua a lavorare a una soluzione diplomatica che, per quanto difficile, resta l’unica via possibile”.
Oltre che dalla maggioranza, la linea del governo sul Libano è sembrata essere ampiamente condivisa dall’intero arco parlamentare. Dal Pd Il capogruppo commissione Difesa a Montecitorio, Stefano Graziano, ha addirittura ringraziato “il ministro per le parole di buon senso”, mentre da Alleanza Verdi e Sinistra è giunta condivisione per “la presa di posizione dell’Italia sugli attacchi alle missioni di pace in Libano”. Unici a distinguersi sono stati invece i grillini che ancora una volta hanno chiesto un embargo totale sulle armi a Israele, sanzioni economiche e il richiamo degli ambasciatori dei paesi europei da Tel Aviv.


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