Editoriale

Femministe con l’utero delle altre

di Adolfo Spezzaferro -


“Reato universale” rende perfettamente l’idea della gravità della pratica della Gpa, la gestazione per altri – una formula edulcorata che con pudore copre quell’espressione terribile ma veritiera di “utero in affitto”. Con il via libera del Senato (84 sì, 58 no e nessun astenuto), la Gpa diventa appunto un reato universale: le coppie italiane che faranno ricorso alla pratica dell’utero in affitto per avere un figlio, anche nei Paesi in cui questa è consentita, commettono dunque un reato. Come è noto, il disegno di legge nasce dalla proposta della capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Giustizia alla Camera, Carolina Varchi, approvata alla Camera con 166 sì, 109 no e 4 astenuti. Il testo Varchi riprende quello presentato da Giorgia Meloni nella precedente legislatura. Come forse non tutti sanno, in Italia la maternità surrogata è vietata già dal 2004, con la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita. Ma ora si inserisce nella legge 40 la prescrizione che la proibizione riguarda anche se la Gpa è praticata all’estero.

“Con questo provvedimento – ha sottolineato il capogruppo della Lega al Senato Massimiliano Romeo – vogliamo evitare che il divieto previsto in Italia venga aggirato, andando all’estero per commissionare un bambino che poi viene riconosciuto nel nostro Paese”. Nello specifico, il testo approvato ieri recita così: “Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro”. A questa disposizione si aggiunge un paragrafo per cui “se i fatti di cui al periodo precedente, con riferimento alla surrogazione di maternità, sono commessi all’estero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana”. Una norma severa ma commisurata alla gravità del reato, ma soprattutto una forma di tutela della donna, fatto non meno rilevante. “Chi si trincera dietro la retorica dei ‘diritti’ per giustificare la pratica dell’utero in affitto dovrebbe chiedersi perché invece ci sia una rete mondiale del femminismo che sostiene l’iniziativa dell’Italia e considera il nostro Paese un esempio da seguire dappertutto. Con il voto del Parlamento italiano i diritti non sono stati negati, ma al contrario sono stati riaffermati e resi finalmente effettivi”. Sono le parole del ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Eugenia Roccella. Parole che sono la migliore e definitiva risposta a chi come tale Elisa Pirro del M5S cerca di buttarla in caciara (un po’ come chi ancora una volta prova a accusare il governo di varare provvedimenti medievali). “I colleghi maschi di maggioranza stanno dicendo che l’utero non è il mio? I miei organi sono miei e ne faccio quello che voglio”, così la Pirro, ieri in Senato, che improvvidamente ha aggiunto: “Siamo al comunismo degli organi. Io posso dare il rene, ma non posso prestare il mio utero, da donna libera, italiana”. Quanta confusione, se di confusione si tratta. Purtroppo è probabile che la Pirro e queste femministe con l’utero delle altre siano convinte, nella loro totale malafede. Certe verità sono universali, proprio come certi reati. La donna-oggetto dotata di utero in affitto non può essere una battaglia del femminismo, se femminismo è (anche e soprattutto) difendere la dignità della donna.


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