Ambiente

L’inquinamento indoor è nocivo quanto quello esterno, uno studio Enea-Cnr

di Giorgio Brescia -


Nelle aree urbane l’inquinamento indoor, quello degli ambienti chiusi interni ai fabbricati, ha lo stesso impatto sulla salute al pari dell’inquinamento esterno con possibili ripercussioni in termini di malattie polmonari, cardiache e tumorali. È questo uno dei principali risultati evidenziati in uno studio condotto dall’Enea e dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr in collaborazione con le università Sapienza di Roma e Milano-Bicocca, nell’ambito del progetto Viepi finanziato dall’Inail.

Dalla ricerca è emerso che se il particolato fine (PM2.5) e ultrafine (PM0.1), generato dal traffico veicolare urbano si infiltra in un ambiente interno, può attivare la risposta del tessuto bronchiale umano attraverso specifici geni legati all’infiammazione e a un particolare meccanismo biochimico che permette al nostro organismo, come azione protettiva, di riconoscere, trasformare ed eliminare le sostanze estranee.

In media, questa la premessa della ricerca, la popolazione dei centri urbani trascorre fino al 97% del tempo in ambienti chiusi. Le principali fonti di inquinamento dell’aria indoor nelle nostre città includono l’infiltrazione di aria dall’esterno (il traffico veicolare e il riscaldamento) e le sorgenti interne (il fumo del tabacco, le i prodotti per la pulizia, la cottura di cibi).

Uno studio condotto, attraverso un innovativo sistema biotecnologico portatile messo a punto per la prima volta al mondo dai ricercatori, anche sulla risposta tossicologica delle cellule del tessuto polmonare umano esposte alle nanoparticelle dell’aerosol atmosferico (PM2.5, PM0.1) all’interno di un’aula dell’Università Sapienza di Roma.

“Le caratteristiche chimico-fisiche dell’aerosol atmosferico dell’ambiente esterno, influenzato soprattutto dal traffico veicolare urbano e delle variabili meteorologiche esterne (bassa pressione, piogge e vento), sono significativamente alterate infiltrandosi in ambiente indoor – spiegano Massimo Santoro dell’Enea e Francesca Costabile del Cnr -, aumentando così il potenziale tossicologico del PM2.5 e PM0.1. A ciò bisogna aggiungere la presenza degli studenti in aula, che contribuiscono alla variazione di biomassa all’interno dell’aula, e dei sistemi di trattamento dell’aria interna”.


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