Editoriale

Così Bibi mette a rischio Israele

di Adolfo Spezzaferro -


Israele non si ferma, vuole la guerra totale, contro tutti i nemici alle sue frontiere, quelli vicinissimi e quelli un po’ più lontani. Se fino a qualche tempo fa era lecito pensare che a frenare il premier israeliano Bibi Netanyahu dall’intento di scatenare un conflitto regionale dai pericolosissimi, imprevedibili risvolti su scala globale fosse il presidente Usa Joe Biden, ora appare evidente che la Casa Bianca non solo avalla, ma aiuta Tel Aviv, con armi e uomini. Come se non bastasse, poi, Israele vuole pure che Unifil si tolga di mezzo per poter così attaccare Hezbollah in Libano con le stesse modalità con cui ha spianato la Striscia di Gaza. Contro il diritto internazionale, infischiandone dell’Onu e dei Paesi che compongono la missione di pace nella linea blu tra Israele e Libano. Il rischio peggiore, l’ipotesi da scongiurare in assoluto è però che Tel Aviv sferri un attacco massiccio contro l’Iran. Decisione che potrebbe trascinare il Medioriente nell’abisso. Uno scenario terrificante di cui ha parlato anche l’ex generale israeliano Yitzhak Brik, puntando il dito contro chi comanda a Tel Aviv, che, trascinando il Paese in una guerra aperta contro Teheran o continuando la guerra di logoramento su ogni fronte, sta mettendo a rischio l’esistenza stessa di Israele. In un articolo pubblicato dal quotidiano Haaretz, molto critico con il governo Netanyahu, l’ex generale scrive che il premier, il ministro della Difesa Yoav Gallant e il capo di Stato maggiore delle Idf Herzl Halevi “con una decisione poco saggia, potrebbero benissimo innescare una conflagrazione su più fronti che si estenderebbe a tutto il Medio Oriente”.

Questo perché Brik auspica che Tel Aviv colpisca l’Iran con blitz misurati. “Non pensano mai per un momento al giorno dopo. Sono disconnessi dalla realtà e non esercitano alcun giudizio. E sono spinti da un vento favorevole proveniente da tanti che non capiscono la situazione che si evolve intorno a loro. Quando la catastrofe colpirà, sarà già troppo tardi”, scrive l’ex militare. Poi l’attacco frontale, quello definitivo: “Questi tre megalomani credono di essere in grado di distruggere sia Hamas che Hezbollah e di porre fine al regime degli ayatollah in Iran. Afflitti da deliri di onnipotenza, non sono disposti ad accettare nessun accordo per liberare gli ostaggi (…), riportare gli israeliani sfollati (dal confine del Libano, ndr) alle loro case, fermare il collasso economico, riparare i legami ormai infranti con gli altri paesi e salvare la società israeliana, che sta implodendo”. L’ex generale non ha dubbi: “Vogliono realizzare tutto attraverso la pressione militare, ma alla fine non realizzeranno nulla. Hanno messo Israele sull’orlo di due situazioni impossibili. La prima è lo scoppio di una guerra a tutto campo in Medio Oriente, in cui l’intero mondo arabo che ci è ostile ci combatterà con tutta la potenza a sua disposizione, con lanci di missili e razzi contro i nostri centri abitati. La seconda situazione impossibile è continuare la guerra di logoramento”, spiega. “In entrambe le situazioni, Israele non potrà sopravvivere a lungo. Solo un accordo diplomatico può tirarci fuori dal pantano in cui questi tre uomini ci hanno trascinato”, conclude Brik. Insomma, se questo generale in pensione ha ragione, sono Netanyhau e i suoi due fidati collaboratori a mettere a rischio l’esistenza dello stato ebraico e non quei nemici a cui stanno facendo la guerra per difendere – a detta del trio della guerra a oltranza – l’esistenza di Israele.


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