Politica

Se Salvini è la vittima di un Paese a “trazione migratoria”

di Giulia Sorrentino -


L’Italia viaggia su binari che non si incontreranno mai: no, non è un attacco al ministro dei Trasporti Salvini, ci dispiace deludervi. Ci sono chiodi molto più pericolosi di quello a cui alcuni cittadini per giorni, dall’alto della loro “esperienza”, si sono riferiti. Uno di questi chiodi è la doppia morale, quella forma atavica e ancestrale di incoerenza da cui molti sono affetti e per cui, purtroppo, non c’è medicina al di fuori della conoscenza e del logos. Una delle vittime di questo pensiero malato è proprio Salvini, che il 18 ottobre vedremo in aula a Palermo nel giorno dell’arringa della sua difesa nel processo Open Arms. Non ce ne vogliano i magistrati, ma vorremmo fare una breve riflessione rivolta a tutti i cittadini, perché, non dimentichiamolo, anche chi indossa la toga, in fondo, è uno di noi. Quotidianamente assistiamo agli orrori che le due capitali italiane, Milano e Roma (una economica e l’altra politica) ci offrono in quanto a degrado, delinquenza, caos. Due zone “rosse”, con Sala e Gualtieri come sindaci, pullulano di zone inavvicinabili, di cittadini terrorizzati per la situazione sicurezza e noi italiani con chi ce la prendiamo?

Con un uomo che ha tentato di difendere dei confini ben più ampi di quelli di una città? Delle due l’una: o lo stesso pensiero lo si applica anche su scala più ampia o non ci si può lamentare dell’immigrazione locale. Da dove pensate che arrivino gli immigrati che commettono stupri e reati in Italia? Da un aeroplano? O, magari eh, anche loro via mare? Spogliatevi dei colori politici e provate a capire che portare lui in tribunale è un atto di dittatura giuridica. Peccato che non ci sia più Aristotele, perché, se fosse vivo, stringerebbe la mano a Matteo. Secondo lui “la saggezza è imperativa, perché il suo fine è quello di determinare ciò che si deve e che non si deve fare”. E questo è esattamente quello che Salvini ha fatto (non da solo, ma abbiamo la memoria corta, forse manca un Grillo parlante a ricordarci come girava il fumo): aveva un obiettivo e non si è fatto piegare, pur conscio della minaccia che aveva davanti. È difficile prendere coscienza del fatto che lui rischia sei anni di galera per sequestro di persona quando la barca non era stata bloccata da nessuna parte ma era liberissima di muoversi. Una libertà che molti immigrati non concedono alle nostre donne legandole, stuprandole, bloccando loro gli arti e persino uccidendole. Non è forse quello il vero sequestro di persona? Non è forse quello l’abominio per eccellenza? Come ci ha insegnato Kant, i cui concetti di morale ed etica hanno influenzato la nostra giurisprudenza, a essere veramente morale è solo l’intenzione disinteressata con cui compiamo l’azione: è una morale legata al senso del dovere. Un dovere che Salvini, in quanto ministro con un governo che voleva bloccare gli sbarchi, ha applicato in piena regola. Una regola incontestabile, di chi ha difeso gli italiani. O forse per colpire i leghisti vogliamo anche mettere in discussione fatti realmente avvenuti?

E come la mettiamo con le carceri italiane che versano in pessime condizioni? Al 31 marzo 2024, stando ai dati forniti da Antigone, i detenuti stranieri nei nostri istituti penitenziari erano pari al 31,3% del totale della popolazione detenuta. Percentuale sì in lieve calo, ma che ci mostra una fotografia inquietante: continuiamo a mantenere stranieri che delinquono nella nostra terra e a farne le spese siamo sempre e solo noi italiani. A voi chiedo: vi sentite tranquilli quando camminate per le zone della vostra città? O vi guardate continuamente attorno? Voi, padri e madri, quanta apprensione avete se vostra figlia deve tornare da sola a casa? È giusto il clima di terrore in cui viviamo? Ci meritiamo di essere noi gli stranieri in patria che devono sottostare alle leggi della giungla? No, questa non è l’Italia che meritiamo. Stiamo solo sprofondando in un inconsapevole nichilismo, e ora a dirci il contrario deve essere la magistratura, quindi: facta non verba.


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