Esteri

Il “piano della Vittoria” di Zelensky è realmente tale?

di Ernesto Ferrante -


Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato sui social che presenterà il suo “piano della Vittoria” agli alleati dell’Ucraina a Ramstein sabato prossimo, 12 ottobre, in occasione del vertice dei Paesi Nato nella base militare americana in Germania.

Nel corso dell’incontro, ha scritto Zelensky, “presenteremo il piano della Vittoria: passi chiari e concreti verso una giusta fine alla guerra”. “La determinazione dei nostri partner e il rafforzamento dell’Ucraina sono ciò che può fermare l’aggressione russa”, ha aggiunto il presidente ucraino, esprimendo la sua gratitudine a “tutti coloro che ci aiutano a difendere il nostro Stato, l’Europa e il mondo intero”.

Il cosiddetto Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina riunisce 57 paesi, compresi tutti i membri dell’Alleanza atlantica.

Dagli Usa arrivano, tuttavia, notizie che hanno poco a che fare con una reale vittoria. “Kiev ha ridimensionato i suoi obiettivi di guerra. La nuova strategia, presentata dal Presidente Volodymyr Zelensky ai leader statunitensi la scorsa settimana, consiste nel chiedere ai suoi alleati di rafforzare l’Ucraina, militarmente e diplomaticamente, per portare la Russia al tavolo dei negoziati. I diplomatici occidentali e un numero crescente di funzionari ucraini sono giunti alla conclusione che garanzie di sicurezza significative potrebbero costituire la base di un accordo negoziale in cui la Russia mantenga il controllo de facto, ma non de jure, di tutto o parte del territorio ucraino che attualmente occupa”. A sostenerlo è il Financial Times, citando un diplomatico occidentale secondo il quale “cedere territorio per ottenere l’adesione alla Nato può essere l’unico gioco possibile” sebbene ciò “per gli ucraini rimane un tabù, almeno in pubblico”.

La posizione concordata dalla Nato, finora, è stata di posticipare l’adesione a dopo il conflitto. “Ci sono modi per risolvere la questione”, ha detto l’ex segretario generale Jens Stoltenberg, portando come esempio le garanzie di sicurezza che Washington fornisce al Giappone e che non coprono le isole Curili, oggetto di una lunga disputa proprio con Mosca, o anche la Germania, che è entrata nella Nato nel 1955, nonostante fosse divisa.


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