Editoriale

Manifestazione vietata, diritti e doveri

di Adolfo Spezzaferro -


La manifestazione pro Palestina, contro il massacro a Gaza e per il rispetto dei diritti umani, di domani a Roma, vietatissima, a quanto pare si terrà lo stesso: è uno scontro annunciato, che si poteva evitare. La Comunità palestinese di Roma e del Lazio, emanazione diretta dell’Autorità nazionale palestinese di Ramallah, fa sapere che “coerentemente con il comportamento della polizia alle dipendenze dell’Anp in Cisgiordania, che nel rispetto degli accordi di Oslo garantisce la sicurezza di Israele in caso di manifestazioni contro l’occupazione, si dichiara in sintonia con la Prefettura romana e ne accetta il divieto”. Una defezione importante, che pesa in modo significativo sul senso della manifestazione nazionale.

Come forse non tutti sanno, il divieto, come si legge nel provvedimento del ministero dell’Interno, si deve al fatto che la manifestazione “è stata pubblicizzata e associata attraverso piattaforme riconducibili ai più noti social network, al tema ‘un anno di resistenza – un anno di genocidio – 7 ottobre 2023 è la data di una rivoluzione’”. Pertanto, si legge nel provvedimento, la manifestazione “esprime una volontà celebrativa della strage consumata in danno dello Stato di Israele” da parte di Hamas. Ma soprattutto, la questura di Roma sottolinea e paventa “un’intensificazione dell’interesse da parte di una variegata galassia antagonista”. Insomma, sinistra extraparlamentare, centri sociali e tutti quegli antagonisti, appunto, che intendono comunque scendere in piazza, consapevoli che non ne hanno il permesso (che non significa il diritto, sia chiaro) e che quindi molto probabilmente dovranno vedersela con le forze dell’ordine. Ora nessuno vuole dire che l’intento degli antagonisti sia proprio cercare lo scontro, ma chi lo fa ne ha ragione ben donde: in passato abbiamo assistito a devastazioni che nulla avevano a che fare con lo spirito, il messaggio, l’intento – almeno su carta – delle manifestazioni.

Troppe volte, purtroppo, proteste di piazza sono sfociate nella guerriglia urbana, con i cassonetti in fiamme e le vetrine in pezzi. Qualcosa ci dice che se non ci saranno le dovute contromisure delle forze dell’ordine, tale spettacolo potrebbe riproporsi anche domani. A proposito delle misure di sicurezza, esiste la possibilità di contenere le manifestazioni di piazza senza che ci siano troppi danni e senza nuocere alla cittadinanza. Esiste il modo, esistono i mezzi, ci sono le persone giuste per farlo. Forse, dunque, sarebbe stato meglio autorizzare la manifestazione per evitare di creare vittime di provvedimenti liberticidi e martiri della repressione dello stato di polizia. Una roba che farebbe gioco alla sinistra per mesi, tanto la sinistra è così concentrata nel rilevare il “tasso di fascismo” del governo.

Ci chiediamo dunque, ma perché regalare questa possibilità all’opposizione? Ci risponderete: è una questione di sicurezza, gli antagonisti distruggono tutto e quindi è stata vietata. Ma tanto gli antagonisti, a maggior ragione, proveranno a distruggere tutto, passando pure per vittime. Se poi vogliamo parlare di diritti: esiste la libertà d’espressione, esiste il diritto a manifestare pacificamente. Ma anche sui diritti notiamo differenze marchiane. Come è sbagliato ritenere che tutti i palestinesi siano potenziali terroristi e terroristi in erba sono dunque anche i loro sostenitori che scendono in piazza – l’islamofobia crescente è davvero becera, assistiamo a una fallacizzazione di molti opinionisti e direttori di giornale – è sbagliato sostenere che Israele ha il diritto di difendersi quando invece sta attaccando praticamente tutti i paesi confinanti. Siamo ai diritti e ai doveri, dunque: le persone hanno il diritto di manifestare, le forze dell’ordine il dovere di intervenire contro le violenze di piazza; a Gaza i palestinesi hanno il diritto di vivere, Israele ha il diritto di uccidere e noi, europei, italiani, il dovere di imporre la pace.


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