Autonomia, Tajani stoppa la Lega e scrive a Calderoli sull’export contro Zaia
Il ministro Tajani incontra le 4 regioni per l’avvio dei negoziati e scrive a Calderoli. Intanto la Consulta decide sul referendum il 12 novembre
Il vicepremier Antonio Tajani l’ha messo nero su bianco nella lettera al ministro Calderoli. Non esiste che sull’export ogni Regione faccia da sé, in nome di una autonomia differenziata che corre il rischio di danneggiare l’Italia nel suo insieme. “Non si può averne una sul commercio estero – spiega il leader di Forza Italia -, ché rappresenta il 40% del nostro Pil. Non lo possiamo affidare a una Regione perché va gestito dallo Stato. Ho scritto a Calderoli per dirgli che non possiamo permetterci la guerra tra i vini pugliesi e quelli piemontesi”. In molti hanno letto la dichiarazione di Tajani come un’entrata a gamba tesa su quella che per i leghisti è la madre di tutte le riforme, votata dal Parlamento il 26 giugno e voluta fortissimamente in particolare dal governatore del Veneto, Luca Zaia, che oggi parteciperà all’avvio del negoziato a Roma con Calderoli, assieme ai rappresentanti anche di Piemonte, Lombardia e Liguria. Proprio ieri la Corte Costituzionale ha fissato per l’udienza pubblica del 12 novembre la discussione sulla legittimità sollevata dalla Regione Puglia (ricorso n. 28) e dalla Toscana (ricorso n. 29) sulla legge n. 86 in materia di “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”.
Così se da un lato i rappresentanti veneti presenteranno i nove dossier sulle materie “cosiddetto no Lep”, vale a dire quelle che non necessitano da parte della presidenza del Consiglio la fissazione dei Livelli essenziali delle prestazioni per i quali è stata costituita un’apposita commissione, dall’altra Forza Italia non ha tutta questa fretta perché le reazioni di settori del Paese cui gli azzurri sono sensibili sono molto tiepide se non contrarie. “La Lega ha condiviso la riforma – analizza l’europarlamentare e segretario veneto di FI, Flavio Tosi -, e le Regioni possono chiedere le deleghe allo Stato, che decide quali accogliere. Non è automatico. Tajani non ha sbattuto la porta in faccia al Veneto, ha semplicemente spiegato il motivo per il quale sul commercio estero la competenza a nostro avviso debba rimanere dello Stato”. Le parole di Tajani e Tosi hanno innescato subito la polemica a Nordest con i leghisti.
Il capogruppo in Regione, Alberto Villanova, e l’assessore regionale allo Sviluppo economico, Roberto Marcato, replicano che “non fa più notizia che Forza Italia metta i paletti, ci siamo abituati. C’è una volontà di rallentare la riforma”. Anche il governatore friulano Massimiliano Fedriga, ma lo dice ammonendo anche il centrodestra, sostiene che “contro l’autonomia differenziata prevalgono la propaganda e le falsità, perché c’è chi preferisce un paese centralista”. Detto che i nodi tecnici riguardo ai costi e fabbisogni standard, oltre che ai Lep, non sono di facile soluzione, non stupisce che a prevalere in questa fase siano le parole d’ordine per mobilitare il proprio elettorato.
Se il centrosinistra ripete che la riforma “è la secessione dei ricchi” e lo “spacca Paese”, la Lega è convinta che il regionalismo differenziato permetterà alle regioni un concreto balzo in avanti migliorando i servizi alla collettività. Non a caso Zaia sottolinea che si tratta di “una grande opportunità per tutta l’Italia, perché doterà i territori di strumenti normativi per incidere di più nei rapporti con i cittadini”. Dopo sette anni, era l’autunno 2017 quando il referendum per l’autonomia fu votato da 2,2 milioni di veneti, e cinque governi, la riforma che ha avuto il via libera dal Parlamento è alla prova decisiva della fissazione, per ogni delle 223 funzioni individuate relative alle 14 materie delegabili da Roma alle regioni, dei Livelli essenziali delle prestazioni necessari perché nessun territorio parti ulteriormente svantaggiato. Uno degli interrogativi è se la fissazione dei Lep da parte della commissione Cassese comporterà un sensibile aumento dei flussi finanziari verso le Regioni dilatando il debito pubblico. “L’autonomia è un cardine del programma del governo Meloni – conclude Zaia – come strumento per facilitare la modernizzazione del Paese, da Nord a Sud”.
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