Assange “colpevole” di giornalismo attacca gli Usa e all’Europa: “Agisca”
Julian Assange ha parlato davanti alla Commissione affari giuridici e diritti umani dell’Assemblea parlamentare a Strasburgo: l’attacco agli Usa e il monito all’Europa
La spina nel fianco degli Usa indossa la veste del prigioniero politico e si sfoga al Consiglio d’Europa. “Sono libero perché mi sono dichiarato colpevole di giornalismo. L’Europa agisca per salvare la libertà d’espressione”, ha detto il fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, davanti alla Commissione affari giuridici e diritti umani dell’Assemblea parlamentare a Strasburgo.
L’australiano rese pubblici migliaia di documenti riservati, ricevuti dall’ex analista dell’esercito statunitense Chelsea Manning, che riguardavano le guerre portate avanti da Washington in Afghanistan e Iraq, le più grandi violazioni della sicurezza di questo tipo nella storia militare degli Stati Uniti, insieme a una serie di dispacci diplomatici, postandoli sul sito della propria organizzazione, appunto Wikileaks. Era il 2010 e quell’anno segnò l’inizio del suo calvario giudiziario. Infatti ha trascorso gli ultimi quattordici anni della sua vita nell’ambasciata ecuadoriana a Londra ed è stato poi in prigione per 5 anni nel carcere britannico di alta sicurezza di Belmarsh, dal quale nel giugno scorso è stato rilasciato.
La sua scarcerazione è arrivata al culmine di mesi di trattative sotterranee con Washington ed è stata resa possibile grazie a un accordo che Assange ha sottoscritto con il governo federale americano. Il presidente Biden, prima della risoluzione del caso, aveva fatto capire che esisteva uno spiraglio per arrivare alla liberazione che il mondo chiedeva a gran voce, anche se funzionari dell’Fbi e del Dipartimento di giustizia si erano opposti a qualsiasi intesa che non includesse una dichiarazione di colpevolezza. E Assange così ha fatto, si è dovuto dichiarare colpevole. “Ho scelto la libertà sull’impossibilità di ottenere giustizia. Voglio essere totalmente chiaro. Non sono libero oggi perché il sistema ha funzionato. Sono libero oggi perché dopo anni di carcere mi sono dichiarato colpevole di giornalismo”, ha detto l’attivista all’inizio della sua testimonianza davanti alla Commissione per i diritti umani. “Vedo più impunità, più segretezza, più rappresaglie per aver detto la verità, e più autocensura. È difficile non tracciare una linea tra il governo degli Stati Uniti che attraversa il Rubicone criminalizzando, a livello internazionale, il giornalismo e il freddo clima attuale per la libertà di espressione”, ha continuato. Parole pesantissime, che Assange ha potuto esprimere in aula grazie al rapporto preparato della socialista islandese Thorhildur Sunna Aevarsdottir, che l’assemblea discuterà e voterà oggi, proprio in merito alla detenzione e condanna di Assange, oltre all’effetto dissuasivo e di autocensura che la vicenda ha avuto sul mondo dell’informazione e sulle fonti del giornalismo, quei soggetti che riferiscono notizie su questioni essenziali per il funzionamento di una società democratica. Il discorso dell’australiano è un attacco frontale al governo statunitense, perché il suo caso apre la porta alla possibilità che qualsiasi grande Stato possa perseguire i giornalisti in Europa.
“Gli europei devono obbedire alla legge sullo spionaggio degli Stati Uniti”, ha detto Assange, e “se l’Europa vuole avere un futuro in cui la libertà di parola e la libertà di pubblicare la verità non siano privilegi riservati a pochi, ma diritti garantiti a tutti, allora deve agire in modo che ciò che è accaduto nel mio caso non accada mai a nessun altro”, auspica, chiedendo a tutti di fare la propria parte “per garantire che la luce della libertà non si affievolisca mai, che la ricerca della verità continui a vivere e che le voci di molti non vengano messe a tacere dagli interessi di pochi”. E ancora: “Se le cose non cambiano, nulla impedirà che quanto è accaduto a me accada di nuovo”. Secondo il co-fondatore di Wikileaks, il punto nevralgico della questione è semplice: “I giornalisti non dovrebbero essere perseguiti per aver svolto il loro lavoro. Il giornalismo non è un crimine. È un pilastro di una società libera e informata”. Evviva Julian Assange!
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