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Assange: “Libero perché mi sono dichiarato colpevole di giornalismo”

di Cristiana Flaminio -


Julian Assange ci va giù durissimo e, davanti alla Commissione del Consiglio d’Europa, tuona: “Oggi sono libero perché mi sono dichiarato colpevole d’aver fatto giornalismo”. Il fondatore di Wikileaks ha utilizzato, nel corso del suo intervento, parole durissime: “Non sono libero oggi perché il sistema funziona. Sono libero oggi dopo gli anni di carcere perché mi sono dichiarato colpevole di aver fatto giornalismo”. E quindi ha aggiunto: “Mi sono dichiarato colpevole di aver cercato informazioni da una fonte. Mi sono dichiarato colpevole di aver ottenuto informazioni da una fonte. Mi sono dichiarato colpevole di aver informato il pubblico su quali fossero quelle informazioni. Non mi sono dichiarato colpevole di nient’altro”. E dunque. “Spero che oggi la mia testimonianza possa essere utile per evidenziare le debolezze delle tutele esistenti e aiutare coloro, i cui casi sono meno visibili, ma che sono ugualmente vulnerabili”. Per Julian Assange sono tempi duri, durissimi, per chi fa il mestiere dell’informazione: “La criminalizzazione delle attività di raccolta di notizie è una minaccia per il giornalismo investigativo ovunque. Sono stato formalmente condannato da una potenza straniera per aver chiesto, ricevuto e pubblicato informazioni veritiere su quella potenza mentre ero in Europa. La questione fondamentale è semplice: i giornalisti non dovrebbero essere perseguiti per aver fatto il loro lavoro. Il giornalismo non è un crimine”. Quindi l’accusa pesante diretta a Washington: “La base politica per gli atti punitivi del governo degli Stati Uniti contro di me era in relazione alla pubblicazione della verità su ciò che il governo degli Stati Uniti aveva fatto. Quindi, in senso giuridico formale, una volta che gli Stati Uniti hanno proceduto con la loro punizione legale, hanno utilizzato l’Espionage Act, un classico reato politico”. La considerazione finale è amarissima: “Ho scelto la libertà, alla fine, piuttosto che una giustizia che sarebbe stata irrealizzabile”.


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