Editoriale

Liguria, centrosinistra pronto alla sconfitta

di Adolfo Spezzaferro -


Più che campo largo è una giungla piena di sabbie mobili. E ad andare sempre più giù è il Pd di Elly Schlein, che ora si ritrova – contrappasso dantesco – per alleato più fidato l’ex dem meno affidabile per antonomasia: Matteo Renzi. Sì, perché Giuseppe Conte si è messo talmente di traverso che ora il centrosinistra rischia di perdere le amministrative in Liguria e può dare per scontata la vittoria solamente nella rossa Emilia-Romagna. Perché non è poi così facile riprendersi la guida dell’Umbria dopo la parentesi (storica) del centrodestra. A onor del vero però è scorretto imputare il caos in cui è finito il centrosinistra soltanto alle mosse “elettorali” – a giorni ci sarà l’assemblea costituente del M5S– di Giuseppi.

Perché oltre all’ex avvocato del popolo ci si mettono pure i piddini, in uno psicodramma collettivo che fa gustare popcorn in porzioni extralarge alla maggioranza di centrodestra (che pure non naviga in acque così tranquille, va detto). Da un lato infatti abbiamo Andrea Orlando, il candidato governatore del centrosinistra in Liguria che perde sempre più terreno – era in vantaggio e ora nei sondaggi è dietro di un punto percentuale – rispetto al suo avversario, il sindaco di Genova Marco Bucci. Dall’altro abbiamo il deja vu “Renzi contro il malcapitato di turno”, nella fattispecie il presidente del M5S. “Sfido Conte, venga in tv. Sono pronto a un faccia a faccia con lui: sulla politica estera e i suoi rapporti con la Russia potremmo divertirci… È così accecato dal rancore che mi usa per attaccare Schlein”, chiosa il leader di Italia viva. Conte ha deciso di appoggiare Orlando, dandola vinta alla Schlein, e ora non resta che capire se tale scelta premierà i 5 Stelle (cadenti, negli ultimi appuntamenti elettorali, europee comprese). Renzi, invece, sempre per puro calcolo (ma lui in questo è indubbiamente più bravo) si è rispostato a sinistra; però ha detto no all’alleanza ligure nella logica (spesso perdente) del “o noi o loro”, contro il M5S. Certo, il dato politico è che l’alleanza generale contro le destre in Liguria non ci sarà e però sarà l’occasione (dirimente) per valutare il ritorno all’ovile di Renzi quanto inciderà in termini di voti. Anche se l’esperienza insegna che quando diverse forze politiche si uniscono è da ingenui ritenere che i rispettivi voti si sommino senza contraccolpi. Sarà il ragionamento fatto da Conte, evidentemente. Giuseppi, alle prese con la lotta per la leadership del partito, attualmente è per forza di cose molto meno affidabile di Renzi. Nel M5S contro Giuseppi d’altronde ci sono il fondatore e garante Beppe Grillo e i fuoriusciti ma anche gli ex maggioranti trombati, da Fico a Taverna e Fraccaro. Tutti contro l’ex premier, che, per tenersi la leadership del partito, deve ottenere il voto della metà più uno degli iscritti. Lui intanto in modo quasi apotropaico garantisce che è pronto a farsi da parte, se i numeri non gli daranno ragione (farà come Renzi, invece?). Con questi chiari di luna, il centrosinistra sta viaggiando dritto dritto verso la sconfitta in Liguria.

Scenario che indispettisce il dem Dario Nardella, ex sindaco di Firenze e attuale europarlamentare: “A fare rabbia è che il centrodestra è molto più diviso di noi su tutto, da Putin allo Ius scholae, dall’autonomia ai diritti, eppure restano saldi al potere e riescono anche a tornare uniti a tutte le tornate elettorali. Noi abbiamo molti meno elementi di frizione, eppure non riusciamo a costruire un’alleanza strategica e duratura”. Neanche il tempo di un’elezione regionale. In tutto questo come non infierire sulla Schlein, che dopo la lunga vacanza estiva – in cui è sparita dai radar lasciando il campo larghissimo ai suoi alleati e soprattutto agli avversari – ora è alle prese con le solite lotte per il potere tra le varie correnti e correntine del Nazareno. In un certo senso, c’è della coerenza in tutto questo: litigano fuori e dentro il partito. Almeno su questo i dem non hanno rivali, va detto.


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