Attualità

G7 e Forum For Africa, riflettori accesi su Sicilia e Siracusa

di Giuseppe Messina -


Il G7 “Divinazione” su agricoltura e pesca di Ortigia a Siracusa ha proiettato la Sicilia al centro del mondo per nove giorni, dal 21 al 28 settembre 2024. I potenti del pianeta hanno dibattuto sul futuro dei popoli e l’Italia ha coordinato i tavoli tematici con i rappresentanti istituzioni di Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti.
Una straordinaria opportunità per l’Italia, tramite la quale ha ottenuto il giusto riconoscimento per il ruolo strategico dal punto di vista politico. Centralità si aggiunge alla storica posizione geografica nel Mediterraneo, che, nei millenni, ne ha fatto il riferimento culturale dei popoli, succedutisi con le tante dominazioni che hanno arricchito ed impreziosito la crescita dei territori e delle popolazioni in un lungo processo di convivenza, verso un’integrazione mai compiuta totalmente.
Ed è sotto la presidenza italiana che si è svolto il “Forum for Africa”, dal 26 al 29 settembre. Nella tre giorni del G7 a Siracusa dedicata all’agricoltura, i governi dei Paesi più avanzati hanno scelto di rivolgersi alla parte democratica del continente africano.

Tale scelta è stata volta ad escludere i regimi totalitari o militari, perché la democrazia ed il rispetto dei diritti umani sono valori non negoziabili e centrali per qualsiasi processo di sviluppo economico e culturale e programma di cooperazione. La presenza di Etiopia, Uganda, Sudafrica, Angola e Senegal segna un passo in avanti verso una nuova fase che dovrebbe approdare alla redazione di accordi economici mirati alla crescita dell’agricoltura africana e all’apertura dei mercati per il mondo occidentale.
Del resto, il processo di pacificazione nel bacino del Mediterraneo, malato e infestato dalle guerre russo-ucraina e mediorientale, dai numerosi regimi dittatoriali che reprimono i popoli della fascia subsahariana e centrale dell’Africa, dalle deboli democrazie magrebine, è lungo, complicato e difficoltoso.
L’attuale governo italiano aspira al riconoscimento del ruolo di interlocutore autorevole con il continente africano e con quello mediorientale.

Il Piano Mattei va in questa direzione ma non basta, la partita è più ampia, si gioca su larga scala e gli interlocutori sono tanti e vanno coordinati verso l’unico obiettivo possibile, che è quello della pacificazione dei popoli, superando i radicalismi religiosi e annientando il terrorismo ideologico.
Se guardiamo all’attuale posizionamento geopolitico dell’Italia, restano tanti i dossier irrisolti, dall’immigrazione alla revisione dei criteri per il riconoscimento della cittadinanza, dai confini marittimi nel Mediterraneo alla sovranità alimentare, dall’approvvigionamento energetico agli investimenti per la loro produzione.
Il riconoscimento del ruolo primario di soggetto istituzionale capace di intraprendere iniziative di pacificazione dell’area mediterranea passa dalla capacità politica di saper incidere nei tavoli che contano. A partire da Bruxelles, il nostro paese finora non ha brillato nei rapporti con i poteri forti dell’establishment comunitario. Per incapacità, per un certo provincialismo e per le laceranti divisioni interne tra le tante anime politiche.

Nel Mediterraneo, serve un nuovo processo di pace che possa realizzarsi su fondamenta solide in una rinnovata cooperazione multilaterale, dove l’Italia può ritagliarsi un ruolo da protagonista, rendendo efficace l’azione della diplomazia per ricondurre al dialogo tutte le parti oggi belligeranti.
E per farlo, deve dimostrarsi solida nel proprio territorio, risolvendo i temi cruciali legati alle politiche migratorie, alla cittadinanza, alla difesa delle produzioni agroalimentari d’eccellenza, alla promozione di un nuovo modello di cooperazione internazionale basato sulla crescita reciproca e non sull’atteggiamento colonialista adottato per troppo tempo da stati membri dell’Unione Europea, soprattutto in Africa. Un continente che nel 2050 raddoppierà la propria popolazione passando dall’attuale 1,1 milioni a oltre 2 miliardi, di cui il 50% sotto i 27 anni.
Dato demografico che deve far riflettere i potenti del mondo perché il processo di immigrazione in atto da decenni nel Mediterraneo non potrà arrestarsi e dovrà essere governato nel rispetto dei diritti umani. Non vorremmo che la proiezione internazionale data dal G7 di Siracusa duri solamente nove giorni per poi svanire nel nulla.


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