Politica

PRIMA PAGINA-L’opposizione va in (dis)ordine sparso sulla Rai

di Giuseppe Ariola -


La partita del rinnovo dei vertici Rai è risultata particolarmente divisiva, prima, durante e dopo le trattative che hanno portato all’elezione dei nuovi componenti del cda di nomina parlamentare. E le divisioni non hanno riguardato, come sarebbe stato fisiologico, esclusivamente la dialettica tra maggioranza e opposizione, ma hanno investito dall’interno i due schieramenti di centrodestra e centrosinistra. Dopo un lungo tira e molla che ha visto i partiti di minoranza minacciare la non partecipazione al voto nelle aule parlamentari se prima non si fosse provveduto a una riforma della governance del servizio radiotelevisivo pubblico, il Movimento 5 Stelle ha rotto gli indugi e ha rinunciato all’Aventino. L’obiettivo grillino, poi raggiunto con il voto di ieri al Senato, era quello di riuscire a riconfermare il consigliere uscente Alessandro di Majo. L’accelerazione pentastellata è stata immediatamente seguita da Alleanza Verdi e Sinistra che subodorata la chance, servita su un piatto d’Argento da Pd, di eleggere un nome vicino e gradito alla sinistra radicale, è riuscita a far entrare nel cda Rai Roberto Natale, già portavoce di Laura Boldrini. I giochi erano diventati ormai chiari già dall’altro ieri sera, ma il Pd ha deciso comunque di tenere il punto disertando i lavori d’Aula e restando, di fatto, con il cerino in mano, con il solo obiettivo di poter continuare a cavalcare il refrain dell’occupazione della Rai da parte della maggioranza. Un tormentone quello di ‘TeleMeloni’, come amano dire dalle parti del Nazareno, che non tiene conto delle miriadi di nomine fatte nei decenni dal Pd a viale Mazzini. Ad ogni modo, il risultato è che il fantomatico campo largo ha subito un nuovo stop e l’intera coalizione di sinistra appare ancora più divisa di prima, con Italia Viva e Azione che non hanno indugiato un attimo a seguire le orme del Pd e per poter restituire pan per focaccia ai grillini che da mesi pongono veti sui partiti di Matteo Renzi e Carlo Calenda, definendo i due leader come incoerenti. Subito dopo il voto di ieri a Montecitorio e Palazzo Madama, esponenti di entrambi i movimenti dell’ormai tramontato terzo polo non hanno infatti lesinato critiche al vetriolo nei confronti di Giuseppe Conte, accusato di tradimento per aver chiuso un accordo con la maggioranza. In effetti, l’accordo pare ci sia e prevederebbe un nome grato ai grillini ai vertici di Rainews.

Ma se Atene piange, Sparte non ride. Anche tra gli alleati di governo rischia infatti di deflagrare il malumore. Se il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, come da accordo tra i partiti di maggioranza, ha provveduto a indicare al Consiglio dei ministri come suoi consiglieri in Rai i nomi di Simona Agnes, in quota Forza Italia, e di Giampaolo Rossi, voluto da via della Scrofa, rispettivamente come presidente e ad, già si preannunciano problemi in commissione di Vigilanza. Qui la designazione della Agnes dovrebbe essere approvata con la maggioranza qualificata dei due terzi, ma all’appello mancano ancora almeno due voti, anche dando per scontato l’ok di Mariastella Gelmini che ha abbandonato Azione. Una virata grillina sul nome azzurro sembra improbabile, nonostante il voto sia segreto, anche perché Conte ha già annunciato pubblicamente il no del Movimento 5 Stelle. Certo, fino al momento in cui la commissione di Vigilanza sarà chiamata ad esprimersi c’è tempo per le trattative, ma la maggioranza o almeno parte di essa, potrebbe anche farne a meno e accontentarsi di un risultato differente. Fonti parlamentari informate sul dossier Rai sostengono infatti che la bocciatura di Simona Agnes alla presidenza di Viale Mazzini non rappresenterebbe poi un così grave problema, anzi. Qualcuno si spinge fino a ipotizzare sia stata costruita una vera e propria trappola nei confronti di Forza Italia. Se la Agnes non ottenesse i voti necessari a guidare il cda Rai, da norma, sarà il consigliere più anziano a ricoprire l’incarico pro tempore, ovvero Antonio Marano, eletto al Senato in quota Lega. In tal caso a tenere effettivamente le redini sarebbe ancor di più l’amministrato delegato Giampaolo Rossi.


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