Cronaca

La strage di Nuoro: quando in famiglia “vince” il disagio

di Ivano Tolettini -


Un’altra strage in famiglia, a Nuoro, in questo settembre orribile. Perché, ammesso che si possa dare una veste razionale con una domanda all’impulso omicida, che è frutto comunque dell’irrazionalità e che sradica vite umane e annichilisce i sentimenti? Perché una guardia forestale di 52 anni, Roberto Gleboni di Nuoro, decide di scaricare la sua pistola semiautomatica d’ordinanza calibro 7,65 uccidendo la moglie casalinga Giusi Massetti, di 43 anni, la figlia Martina, 24 anni, laureata in giurisprudenza di cui era fiero e che gli aveva dedicato la tesi di laurea definendolo il “suo grande amore”, mentre è gravissimo il figlio di 9 anni, che è ricoverato in coma, prima di rivolgere l’arma contro se stesso e farla finita? Da ieri mattina non solo a Nuoro in tanti si pongono il quesito, perché?, dopo che altre tre persone – la figlia 14enne, la madre del killer, Maria Esterina Riccardi, 83 anni e il vicino di casa Paola Sanna -, sono in ospedale, ma soprattutto dopo che la cronaca ha dovuto suo malgrado registrare altre simili tragedie in Italia nelle ultime settimane. Una scia di sangue insopportabile. Il terribile bilancio di ieri in Sardegna, tre morti e quattro feriti, è la riprova che nel nostro Paese il 43% degli omicidi matura tra le mura domestiche, con il Nord che nella media si conferma più violento del Centro-Sud e Isole, dove prevalgono i delitti causati dalla criminalità comune e da quella organizzata.

Strage di Nuotro l’identikit dell’assassino

“Incensurato, senza precedenti di violenza in casa e con una pistola detenuta legalmente”, così in Procura della Repubblica a Nuoro viene tratteggiato l’autore della strage Roberto Glebloni, che conduceva un’esistenza dignitosa in un appartamento in affitto: padre di tre figli, di cui la più grande appunto laureata; la moglie Giusi sposata a 19 anni, impegnata dalla mattina alla sera a portare avanti una famiglia numerosa per la quale non si risparmiava, fino a quando ieri mattina intorno alle 7 nel capoluogo barbaricino, in via Ichnusa 5, è esplosa la follia. Forse la coppia era in grave crisi ed era sul punto di frantumarsi, verrebbe da pensare, e una banale lite ha innescato l’assurda mattanza. O forse niente di tutto questo, ma col rischio che il movente non lo si scoprirà mai, anche se gli inquirenti oltre a raccogliere le testimonianze nella cerchia parentale per ricostruire che cosa ha spinto Gleboni a impugnare l’arma, hanno cominciato a scandagliare anche i cellulari di marito, moglie e figli per scoprire se nei messaggi è archiviato il possibile motivo di un fatto di sangue che sconvolge non solo la Sardegna. Ancora una volta, purtroppo, in famiglia “vince” il disagio più latente. I vicini di appartamento sgomenti e addolorati, parlano di una coppia affiatata di cui non si erano mai sentite liti.

Strage di Nuoro e non solo: le tragedie familiari

Eppure all’improvviso l’orrore ha assediato una mente evidentemente fragile. E che dire anche di Alessandra Spiazzi, la 58enne veronese di Vago di Lavagno, che la scorsa settimana ha sparato al figlio 15enne Andrea Feltre prima di uccidere anche se stessa, di cui i conoscenti raccontano che era una donna in gamba, attiva nel volontariato, disponibile ad aiutare chi fosse in difficoltà e affiatata col marito Luciano? Per non parlare del 17enne milanese di Paderno Dugnano, che all’inizio del mese ha disintegrato il quadretto da Mulino Bianco rappresentato dal padre Fabio, 51 anni, dalla mamma Daniela, di 49 e dal fratello Lorenzo di 12, uccidendoli a coltellatein casa perché “provavo un disagio, un’angoscia esistenziale, ma non pensavo di arrivare a ucciderli, non mi so spiegare che cosa mi sia scattato quella sera, purtroppo è successo”. Chi si occupa di malattia dell’anima o della mente sottolinea come il parlarne vale sempre la pena, se però questo consente di fare una riflessione e non si ferma a una cronaca nera sterile che rischia di produrre un’abitudine come se guardassimo una serie televisiva. Ma parlarne serve da volano anche per riflettere sulla salute mentale, che è subdola e di cui si parla troppo poco. Che Gleboni potesse fare una strage familiare nessuno poteva davvero prevederlo?


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