Esteri

Israele bombarda ancora il Libano. Centinaia di famiglie in fuga dal sud

di Ernesto Ferrante -


Terza ondata di raid aerei israeliani in Libano. I caccia di Tel Aviv hanno colpito obiettivi di Hezbollah principalmente nel sud e nella Valle della Bekaa. Ibrahim Qubaisi, capo dell’unità missilistica del gruppo, è stato ucciso nell’attacco. Qubaisi rispondeva direttamente al capo del Partito di Dio Hassan Nasrallah.

Il numero complessivo dei morti è salito ad almeno 558. A renderlo noto è stato il ministro della Sanità libanese Firass Abiad precisando che tra le vittime si contano anche 50 minori e 94 donne. I feriti sono oltre 1.835.

Impressionanti i numeri dell’offensiva delle forze di difesa israeliane: duemila munizioni sganciate e 1.500 obiettivi centrati. “Non bisogna dare tregua a Hezbollah”, è necessario “continuare a lavorare con tutte le nostre forze”, ha affermato il capo di stato maggiore, il generale Herzi Halevi.

Benjamin Netanyahu ha assicurato che Israele “continuerà a colpire Hezbollah”. Poi rivolgendosi ai cittadini libanesi: “Non è contro di voi, la nostra è una guerra con Hezbollah”.

Il numero dei missili di precisione a disposizione del movimento sciita è stato dimezzato, secondo l’emittente N12. Una fonte ha riferito che dispone solo di un quarto dei razzi con una gittata fino a 40 chilometri rispetto a quelli che aveva prima. “È stata gravemente compromessa la loro capacità di lanciare simultaneamente una raffica coordinata di centinaia di razzi e missili, che potrebbe sconfiggere i sistemi di difesa aerea”, ha aggiunto l’informatore.

Stop alle lezioni “fino alla fine della settimana” in Libano, a causa dell’escalation. Il ministro libanese dell’Istruzione, Abbas Al-Halabi, ha comunicato la “proroga della chiusura di scuole pubbliche e private, scuole superiori, istituti di formazione professionale fino alla fine di questa settimana” nelle regioni di Nabatieh, della Bekaa, di Baalbek-Hermel e nei sobborghi meridionali della capitale. Aule vuote nei governatorati di Beirut, Monte Libano, Nord e Akkar. Il provvedimento riguarda anche la Lebanese University e gli istituti privati d’istruzione superiore.

Molte famiglie libanesi si stanno spostando verso le città siriane di Homs, Damasco e Tartus. Sono in totale cinque i valichi di confine tra Libano e Siria. Quello di Masnaa è uno dei più utilizzati.

Il ministero degli Esteri dell’Autorità palestinese ha condannato “l’aggressione dell’occupazione contro il Libano”. Per le autorità, è un “tentativo di allargare il cerchio della guerra e l’aggressione per far esplodere tutta la regione”. In una nota, il ministero ha denunciato “una palese violazione del diritto internazionale umanitario” e un allargamento “della guerra di sterminio e sfollamento” lanciata dallo Stato ebraico contro i palestinesi.

Mahmoud Abbas ha sollecitato la mobilitazione degli ospedali palestinesi in Libano e ha invitato i palestinesi di “andare a donare il sangue per aiutare i fratelli palestinesi feriti”.

Due dipendenti dell’Unhcr sono stati uccisi nei bombardamenti israeliani. Lo ha fatto sapere su ‘X’ l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Filippo Grandi. “Gli attacchi aerei israeliani in Libano stanno mietendo incessantemente centinaia di vittime civili. E sono molto dispiaciuto di confermare che anche due colleghi dell’Unhcr sono stati uccisi ieri”, ha scritto Grandi. “A nome di tutti noi dell’Unhcr, sentite condoglianze alle loro famiglie, amici e colleghi”, ha proseguito l’Alto Commissario.

“Non dobbiamo permettere che il Libano diventi un’altra Gaza”, ha dichiarato il presidente iraniano Massoud Pezeshkian in una intervista alla Cnn. “Hezbollah non può resistere da solo contro un paese che è difeso, sostenuto e rifornito dai paesi occidentali, europei e dagli Stati Uniti”, ha continuato il presidente iraniano, giudicando “incomprensibile e insensata l’inerzia” dell’Occidente.

Pezeshkian, in un incontro con il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres a New York, ha espresso la sua “profonda preoccupazione per la diffusione del conflitto in tutto il Medio Oriente”.


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