Attualità

Dopo il femminicidio di Torino. Quanti sono e perché non funzionano i braccialetti elettronici?

di Angelo Vitale -


Fa discutere il caso dei braccialetti elettronici che non funzionano: la scorsa notte avrebbero potuto impedire l’ultimo femminicidio, avvenuto a Torino. L’opposizione chiede in Parlamento che il ministro dell’interno Matteo Piantedosi spieghi perché non ha funzionato quello applicato dalla scorsa estate a Ben Alaya Abdelkader, il 48enne di origine tunisina accusato di aver accoltellato l’ex moglie, Roua Nabi, 34 anni, a Torino, davanti ai figli.

Un giudice aveva disposto il divieto di avvicinamento alla donna per episodi di violenza, ma l’apparecchiatura non ha funzionato.

Quanti sono? Funzionano? Notizie difficili da apprendere, fin dal via dell’applicazione dei primi dispositivi.

Per l’associazione Antigone, guardando alla sola esecuzione della pena in detenzione domiciliare, dal 2014 al 2021 – questi i dati finora noti – ne sono stati applicati 5.625. Ma sono numeri collegati solo alle misure coercitive collegate agli arresti domiciliari.

E meno si sa sui costi di questa iniziativa. Secondo Aantigone, “dopo alcune traversie iniziali con Telecom e costi elevatissimi, nel 2018 a seguito di una procedura di gara europea Fastweb si è aggiudicato l’appalto per fornire nel triennio 2018-2021 circa 1.000 braccialetti al mese per una cifra di circa 23 milioni di euro complessivi. In realtà le attivazioni sono state ben inferiori, ma ciò sarebbe dipeso dalle decisioni delle autorità giurisdizionali competenti”.

Circa l’efficacia reale di un dispositivo che per essere elettronico non dovrebbe avere particolari falle Antigone ha rilevato che “in Italia mancano indicazioni intorno all’efficacia del braccialetto elettronico, quali dati sulle violazioni della misura e sulla recidiva. Non aiuta a tal fine una risposta del ministero degli Interni, Direzione Centrale dei Servizi Tecnico-Logistici e della Gestione Patrimoniale, che di fronte a una domanda di accesso civico generalizzato promossa da Antigone non ha voluto fornire le informazioni richieste. Si chiedeva di conoscere il numero di dispositivi elettronici attualmente a disposizione dell’Autorità giudiziaria, il numero di quelli attualmente in utilizzo per provvedimenti di arresti domiciliari e di detenzioni domiciliari, il numero di dispositivi non funzionanti, eventuali manomissioni o trasgressioni della misura del braccialetto elettronico, il numero di braccialetti elettronici utilizzati per il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”.

“Il ministero – fa sapere Antigone (sempre nel report riferito ai numeri noti fino al 2021, ndr) – ha negato le informazioni sostenendo che la pubblicazione delle stesse avrebbero configurato un “pregiudizio concreto alla tutela degli interessi-limite inerenti alla sicurezza pubblica e all’ordine pubblico tutelati dall’articolo 5-bis, comma 1, lettera a) del ‘decreto trasparenza’”.


Torna alle notizie in home