“Il fatto non sussiste”: Sgarbi prosciolto per il quadro all’asta
Il fatto non sussiste, la formula piena della giustizia per sentenziare che quelle circostanze non sono mai successe: è questo il motivo per cui ieri Vittorio Sgarbi è stato prosciolto dal gup di Roma, dopo essere stato ingiustamente e preventivamente condannato sui giornali, con una campagna mediatica tanto feroce da aver provocato le dimissioni di Sgarbi da sottosegretario alla Cultura. In un Paese sempre più alla deriva, dove alla sinistra basta l’ombra di un illecito per tirare monetine contro fantomatici corrotti, per alzare lo scontro politico al grido di “honesta” e “dimissione”. Per poi assistere al dissolvimento di un castello di prove, che non bastano neppure a entrare nel vivo del processo, visto che per Vittorio Sgarbi il giudice dell’udienza preliminare ha dichiarato il non luogo a procedere, nonostante la fibrillazione dell’accusa e il rinvio a giudizio del gip.
Per semplificare, al Tribunale di Roma è stato condotto un uomo che non doveva neppure arrivare lì, vista l’inconsistenza degli indizi raccolti dagli inquirenti. Così esigui non solo da non meritare una discussione in dibattimento, ma neppure sufficienti a iniziarla. Per il gup, infatti, Vittorio Sgarbi non ha commesso alcun reato quando, nel 2020, ha intestato il quadro “Il Giardino delle Fate”, il dipinto di Vittorio Zecchin acquistato all’asta per 148 mila euro, alla compagna Sabrina Colle. Per i magistrati del pool che si occupano a piazzale Clodio di reati fiscali, quell’intestazione sarebbe stata fittizia e compiuta con l’intento di mettere l’opera al riparo da eventuali aggressioni da parte del Fisco, verso il quale Sgarbi aveva debiti per un totale di circa 715mila euro. Nel dettaglio, la contestazione era relativa all’articolo 11 della legge sui reati tributari sulla sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, che punisce chiunque “al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte” “aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva”. Una ricostruzione da subito contestata da Sgarbi, che venne ascoltato anche dagli inquirenti, ai quali annunciò anche un piano per rientrare dal debito con il Fisco. L’acquisto del dipinto, “Il giardino delle fate”, creato nel 1913, secondo la tesi di Sgarbi, sarebbe stato realizzato grazie alla munificenza dell’ormai defunto Corrado Sforza Fogliani, avvocato cassazionista e banchiere, ex presidente di Confedilizia e vicepresidente dell’Abi.
Per la Procura di Roma, convinta della macchinazione per salvare l’opera da da eventuali interventi da parte dell’Entrate, una delle prove a sostegno della tesi accusatoria sarebbe che l’ex sottosegretario aveva contrattato personalmente l’acquisto del quadro. Una sorta di pistola fumante al centro di una ricostruzione accusatoria che sfida il buonsenso, visto che chiunque, avendo in casa un critico d’arte e volendo comprare un quadro, manderebbe l’esperto a valutare autenticità e valore dell’opera. Certo, per Sgarbi il buonsenso non valeva, di fronte all’opportunità di attaccare il governo e creare imbarazzo al sottosegretario intento a frodare il Fisco. Invece nulla di tutto ciò, alla luce della decisione del gup che ieri ha prosciolto l’ex sottosegretario alla Cultura e la sua compagna Sabrina Colle dall’accusa di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
Una vittoria per la difesa del critico d’arte, che ha presentato un linea difensiva inattaccabile, in grado di convincere il giudice dell’insussistenza delle accuse. “La decisione del gup di Roma ci lascia pienamente soddisfatti anche perché siamo in presenza della formula assolutoria più ampia”, ha detto lo storico difensore di Sgarbi, il principe del Foro Giampaolo Cicconi, che in questo procedimento ha assistito il critico insieme al penalista Manuel Varesi. “Con oggi speriamo si chiuda una vicenda giudiziaria che ha provocato sofferenze al mio assistito e alla sua compagna”, ha aggiunto l’avvocato Cicconi.
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