Cronaca

Sequestro Mazzotti: domani si torna in aula dopo quasi 50 anni

di Roberta Rizzo -


Dopo oltre 49 anni di distanza dai fatti, si riapre domani presso la Corte di Assise di Como il processo riguardante il sequestro e l’omicidio di Cristina Mazzotti, una vicenda che ha segnato profondamente l’Italia negli anni ’70. La giovane diciottenne venne rapita il 1° luglio 1975 mentre stava tornando a casa da una festa con amici a Eupilio, in provincia di Como. Durante il rapimento, fu trattenuta per 25 giorni in condizioni disumane e purtroppo perse la vita. Il suo corpo venne ritrovato il 1° settembre dello stesso anno in una discarica a Galliate, in provincia di Novara.

Quello di Cristina fu il primo sequestro di una donna in Italia, un caso che sconvolse l’opinione pubblica. Sebbene per la vicenda siano già state condannate tredici persone, nei processi precedenti non furono mai individuati i veri esecutori materiali né tantomeno i mandanti del rapimento, che si ritiene fossero affiliati alla ‘ndrangheta calabrese.

Domani in aula compariranno quattro uomini per rispondere del reato di omicidio come conseguenza di sequestro di persona. Tra di loro, Giuseppe Morabito, uno dei capi storici della ‘ndrangheta, che all’epoca dei fatti risiedeva nel Varesotto. Al suo fianco ci sarà Giuseppe Calabrò, soprannominato “U’ Dutturicchio”, Antonio Talia, già noto alle forze dell’ordine per precedenti legati ad armi e droga, e infine Demetrio Latella, che ha confessato di essere coinvolto nel sequestro della giovane Cristina.

Un dettaglio cruciale emerso durante le indagini riguarda un’impronta trovata sull’auto in cui viaggiava Cristina al momento del rapimento. Per anni, quell’impronta rimase senza un colpevole, fino a quando, nel 2006, non venne attribuita a Latella. Quest’ultimo, una volta identificato, confessò di aver partecipato al crimine e fece anche i nomi degli altri due uomini che saranno processati.

Nonostante la confessione di Latella, nel 2011 il fascicolo a suo carico venne archiviato. Tuttavia, la vicenda non si è chiusa lì. Grazie all’intervento dell’avvocato Fabio Repici, il caso è stato riaperto. Repici, che assiste anche i familiari del giudice Bruno Caccia, assassinato dalla ‘ndrangheta nel 1983, ha chiesto di rivedere la posizione di Latella. Durante la sua ricerca di informazioni su quest’ultimo, l’avvocato si è imbattuto nuovamente nella storia di Cristina Mazzotti e ha contestato le motivazioni che portarono all’archiviazione del fascicolo. Lo scorso anno, la giudice per le indagini preliminari Angela Minerva ha accolto la richiesta di riapertura del caso, portando così la vicenda di Cristina nuovamente in aula.


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