Economia

Banca Mediolanum, la rivincita postuma del Cav

di Giovanni Vasso -

Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi saluta i simpatizzanti prima di salire in auto al termine di una conferenza stampa congiunta con il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, a favore del referendum regionale per l'autonomia, Milano, 18 ottobre 2017. ANSA/DANIEL DAL ZENNARO


Altro che giustizia lumaca: ci sono voluti otto (anzi dieci) anni per dar ragione a Silvio Berlusconi sull’affare Fininvest – Banca Mediolanum. Intanto, però, il Cav è morto nell’attesa di una sentenza, quella della Corte di Giustizia dell’Ue, che è arrivata ieri mattina. A più di un anno dalla sua morte. Però, almeno, la sentenza è arrivata. E annulla la decisione presa dalla Banca centrale europea, nell’ormai lontano 2016, che negava l’acquisizione di una partecipazione qualificata in Banca Mediolanum da parte di Fininvest. La scelta era stata presa, dai banchieri centrali in veste di autorità di vigilanza sul mercato creditizio, perché Silvio Berlusconi, dichiarato colpevole del reato di frode fiscale nel processo Mediaset e condannato a quattro anni (tre dei quali indultati), non avrebbe avuto i requisiti necessari di onorabilità a cui le leggi, tanto quelle italiane che quelle europee, sottopongono la possibilità di acquisire partecipazioni qualificate all’interno di una banca. Tutto il procedimento era iniziato già prima del 2016, nel 2014. Quando fu la Banca d’Italia a intimare a Berlusconi di  cedere entro 30 mesi, la partecipazione di Fininvest in Mediolanum superiore al 9,99% e a disporre contestualmente la sospensione immediata dei diritti di voto delle azioni corrispondenti. Mediolanum, a quell’epoca, possedeva una partecipazione in Banca Mediolanum. Quell’imposizione, però, era stata già annullata dal Consiglio di Stato, a marzo del 2016 mentre, un anno prima nel 2015, si era registrata una fusione inversa con la Banca Mediolanum a incorporare la finanziaria omonima. Per formalizzare l’operazione si rese necessario il placet della Banca d’Italia e della Bce. La seconda negò l’assenso proprio sull’assunto della mancanza del requisito di onorabilità in capo a Silvio Berlusconi. Un primo ricorso sul caso Mediolanum era già presentato al tribunale Ue da Fininvest e aveva confermato la posizione espressa dalla Bce. Ieri, però, la Corte di Giustizia ha ribaltato il verdetto annullando quella decisione. E lo ha fatto affermando che il tribunale ha “commesso un errore di diritto” quando ha dichiarato che i ricorrenti “hanno acquisito una partecipazione qualificata in Banca Mediolanum nel 2016”. Errore che, sanciscono i giudici della Corte Ue, si basa sul travisamento della portata della decisione di Palazzo Koch che non ha avuto come conseguenza di ridurre la partecipazione di Fininvest in Mediolanum ma soltanto di congelare il diritto di voto sulle azioni sottoposte all’obbligo di cessione. Che si sarebbe dovuto perfezionare solo in un secondo momento ed entro 30 mesi, per il tramite di un fiduciario incaricato della vendita. Con la pronuncia del Consiglio di Stato che annullava le disposizioni di Bankitalia, la partecipazione al centro del procedimento è rimasta immutata. Ciò a dire che non si poteva ritenere che Silvio Berlusconi avesse acquisito una partecipazione qualificata nel 2016, fatto che avrebbe richiesto una notifica e una valutazione da parte delle autorità competenti. Il Cav, difatti, aveva secondo i giudici, soltanto conservato (e non acquisito) una partecipazione qualificata che deteneva già da molto tempo prima del recepimento in Italia delle disposizioni Ue applicate poi dalla Bce. Norme che, va da sé, non hanno né potevano avere allora effetto retroattivo. E che, perciò, non potevano vietare a Berlusconi di continuare a possedere la sua partecipazione qualificata in Banca Mediolanum. La vicenda, in effetti, non è semplicissima e anzi risulta complessa e legata a interpretazioni di norme e leggi già complicate di per sé. Resta, però, il fatto che il caso sia finito, come era logico che fosse, al centro del dibattito politico italiano in una fase in cui la stella di Silvio Berlusconi stava già calando. Oggi, a distanza di otto anni (o meglio, di dieci anni) i magistrati dell’Ue gli hanno dato ragione. Peccato che, nell’attesa, il Cav sia passato a miglior vita.


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