Attualità

Confindustria-Meloni, prove d’intesa nel nome di Draghi

di Giovanni Vasso -


Energia, politiche verdi da rifare, sviluppo e crescita: buona la prima per Emanuele Orsini, neopresidente di Confindustria che, all’assemblea degli industriali, ha tenuto un lungo intervento imperniato sul report Draghi che gli è valso, da subito, la “convocazione” della premier Giorgia Meloni e la sponda dei sindacati (tranne il “solito” Landini) al suo invito al dialogo. In ballo c’è molto di più rispetto a un tweet o a un sondaggio. C’è il futuro e le speranze di crescita dell’economia italiana. E, sullo sfondo, si percepisce il lavoro dei pontieri pronti a stendere un asse tra il governo e Confindustria nel nome di Draghi, o meglio del suo piano per il rilancio della competitività e dell’economia europea.

Orsini ha spiegato di sentirsi confortato, e con lui tutti gli industriali, dal fatto che “il rapporto del presidente Mario Draghi abbia riportato con profondità e completezza le istanze delle nostre imprese, su cui da tempo richiamiamo l’attenzione”. Le sfide all’orizzonte, per l’inquilino di viale dell’Astronomia “sono ciclopiche”. E le elenca tutte, senza tirare indietro la gamba e lancia stoccate a Bruxelles: “Dell’unione del mercato dei capitali si parla invano da dieci anni, anche se potrebbe diventare il polmone indispensabile per sfruttare appieno la montagna del risparmio europeo. Si tratta di oltre 330 miliardi l’anno che vengono investiti negli Stati Uniti per finanziare le imprese statunitensi”. E ancora, il tema tassi e quello dell’innovazione: “Il costo del denaro resta elevato, poiché le banche centrali, a cominciare da quella europea, si mostrano più prudenti del necessario. Ma allora ci chiediamo: Come si fa a parlare seriamente di competitività se l’Europa investe appena 20 miliardi in dieci anni sull’Intelligenza Artificiale, mentre la Cina ne investe 100 e gli Stati Uniti ben 330?”. Finita qui? Manco per sogno: “Come possiamo parlare di competitività senza un mercato unico dell’energia, con l’Italia (seconda manifattura d’Europa) che paga una bolletta elettrica fino al 40% superiore alla media europea? – tuona Emanuele Orsini -, come facciamo ad essere indipendenti per gli investimenti relativi alla difesa, se rinunciamo alla produzione e alla trasformazione delle materie prime? E ancora: quando verrà annunciato lo spostamento allo stop al motore endotermico oggi fissato per il 2035? Non possiamo aspettare il 2026”. Il Green Deal, così com’è ora, è da rottamare, per gli industriali: “E’ impregnato di troppi errori che mettono a rischio l’industria, la decarbonizzazione inseguita al prezzo della deindustrializzazione è la dèbacle”. E quindi il tema dell’energia: “Il ritorno al nucleare è strategico. Tutti noi abbiamo imparato che l’indipendenza energetica è questione di sicurezza nazionale. Allora perché tutti insieme non appoggiamo il nucleare di ultima generazione, invece di continuare a rifornirci a prezzi crescenti dalle vecchie centrali nucleari francesi?”. Parla a ragion veduta, Orsini. E cita il caso della crisi dell’automotive: “La storia e il mercato europeo dell’auto elettrica che stiamo regalando alla Cina, parlano da soli. La filiera italiana dell’automotive è in grave difficoltà, depauperata del proprio futuro dopo aver dato vita alle auto più belle del mondo e investito risorse enormi per l’abbattimento delle emissioni. Continuando così regaleremo ai nostri competitor internazionali, come sta avvenendo per l’automotive, anche l’acciaio, il cemento, la metallurgia, la ceramica, la carta. Con ricadute negative sugli investimenti, sulla crescita e sull’occupazione”.

Le parole del presidente di Confindustria hanno indotto la premier Giorgia Meloni, che è intervenuta a sua volta all’assemblea degli industriali, a tendere la mano: “Propongo di vederci da subito perché c’è tanto lavoro da fare, cerchiamo di organizzare prima possibile”. Quindi promette faville: “Sono fiduciosa che si possa fare qualcosa di meglio rispetto alle previsioni della Commissione: continuo a ritenere che il +1% del Pil sia a portata di mano soprattutto dopo i primi due trimestri, ogni trionfalismo sarebbe infantile ma non era scontato dopo anni trascorsi in fondo alle classifiche”. Infine l’apertura a Confindustria di Meloni nel nome di Mario Draghi: “Come da lui correttamente sottolineato nel suo rapporto, gli ambiziosi obiettivi ambientali dell’Europa devono essere accompagnati da investimenti e risorse adeguati, da un piano coerente per raggiungere, altrimenti è inevitabile che la transizione energetica e ambientale vada a scapito della competitività e della crescita. Anche questa è una cosa che mi sono permessa di far notare varie volte in pensieri europei, e cioè che non ha molto senso dotarsi di alcune strategie e poi non creare gli strumenti per realizzare quelle strategie. Perché senza gli strumenti, banalmente, le cose alla fine non si riescono a fare”.


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