Alex Marangon ha assunto ayahuasca: i risultati del test tossicologico
Emergono nuovi dettagli dal test tossicologico effettuato sul corpo di Alex Marangon: nella notte tra il 29 e il 30 giugno, il giovane ha certamente assunto un decotto di ayahuasca. Questa conclusione è stata raggiunta grazie agli esami effettuati presso il laboratorio di Trieste, sotto la direzione della tossicologa Donata Favretto.
Il Corriere del Veneto ha fatto sapere che i test hanno confermato la presenza della sostanza, indicando che durante il ritiro di sciamanesimo amazzonico, svoltosi in quei giorni presso l’Abbazia di Santa Bona di Vidor, sono state effettivamente consumate piante allucinogene.
Le indagini della Procura di Treviso sono ancora in corso e cercano di far luce sulle circostanze della morte del giovane 25enne. L’esito dell’esame tossicologico rappresenta un punto di svolta significativo, dato che il fascicolo per omicidio è ancora aperto.
Oltre all’esame tossicologico c’è altro: l’ultimo messaggio di Alex Marangon
Nel frattempo, è emerso un messaggio vocale inviato da Alex a un amico poche ore prima del suo decesso. In esso, il giovane, un barista di Marcon, raccontava con entusiasmo: “Sono arrivato prima, in una casa condivisa, adesso ho mangiato una pizza, sembra che ci siano buone proposte, tante novità. Ho già detto che non farò tutta la stagione, andrò a fare una cerimonia con l’ayahuasca.” Nel messaggio, la voce di Alex appare allegra, persino quando menziona l’ayahuasca, un decotto di diverse piante amazzoniche noto per i suoi effetti visionari.
Secondo alcune ricostruzioni fornite dai partecipanti, Alex si sarebbe allontanato dal gruppo quella notte mentre si stava svolgendo una sessione di canto e meditazione, svanendo nella notte. Le testimonianze raccolte dai carabinieri del nucleo investigativo di Treviso raccontano che solo intorno alle 7 del mattino del giorno successivo sono stati allertati i soccorsi, dopo averlo cercato invano. Il corpo di Alex è stato poi ritrovato il 2 luglio su un isolotto del Piave, a circa quattro chilometri dall’Abbazia, in circostanze ancora da chiarire.
L’autopsia, condotta il 5 luglio dal medico legale Alberto Furlanetto su richiesta della Procura, ha rivelato fratture gravi, incompatibili con l’ipotesi di una semplice caduta o di un suicidio. Questi risultati hanno aperto la strada all’ipotesi di un omicidio. In seguito, i vigili del fuoco hanno ispezionato il dirupo dell’Abbazia, ma non hanno trovato alcun segno di rami spezzati, rafforzando il sospetto che la caduta possa essere stata provocata.
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