PRIMA PAGINA-L’eccellenza della ricerca italiana premiata in Europa. Intervista a Stefano Oscurato
Napoli, Boston, Napoli. O meglio, Università Federico II, la celebre Harvard, poi nuovamente l’Ateneo partenopeo, tra i più prestigiosi d’Italia e, certamente, il più blasonato del Mezzogiorno. È su queste coordinate geografiche che il giovane Stefano Oscurato, esperto di Fotonica e Olografia digitale, muove i propri passi accademici nel mondo della ricerca della Fisica della Materia. Giovedì scorso, il ricercatore trentatreenne, con un innovativo progetto, è risultato tra i vincitori dei fondi europei assegnati dall’Erc. La missione dell’European Research Council è finanziare l’eccellenza nella ricerca. Per sviluppare la propria idea, assolutamente innovativa, Stefano Oscurato riceverà un assegno di un milione e 600 mila euro che potrà essere investito in qualsiasi ente di ricerca comunitario. Il ricercatore italiano, però, non ha alcuna intenzione di portare all’estero questo capitale e il proprio progetto di ricerca. Per capire di più sui suoi studi, ma soprattutto, sulle potenziali ricadute delle sue ricerche e, in particolare, del progetto ‘HyperMasH’, per il quale si è aggiudicato il finanziamento del premio europeo, lo abbiamo intervistato.
Dottor Oscurato, lei opera in un campo con il quale non tutti hanno dimestichezza, anzi, nel quale per i più è difficile raccapezzarsi. Di cosa si occupa di preciso?
“Il mio principale ambito di studio, quello sul quale si incentrano prevalentemente le mie ricerche e i relativi progetti, è la fotonica, la scienza che studia, sfrutta e manipola la luce. Un ambito dal potenziale enorme in grado di rivoluzionare molti settori della nostra società come, per esempio, trasferire, elaborare e rappresentare le informazioni nei nostri dispositivi digitali. Ma gli ambiti di applicazione dello sviluppo di questi studi sono davvero tanti, andiamo dal settore medico con le sonde per le endoscopie ai dispositivi per la realtà virtuale, alle lenti per gli smartphone o ai dispositivi indossabili. O ancora, all’automotive, con i sensori di cui sono dotati i veicoli a guida autonoma che ne sono un ulteriore esempio”.
E in cosa le sue ricerche rappresentano un valore aggiunto?
“L’attuale fase di transizione richiede la fabbricazione di dispositivi ottici miniaturizzati e le tecniche industriali di fabbricazione tradizionali (le stesse utilizzate dall’industria dei micro-chip elettronici) coinvolgono un numero elevato di processi condotti da macchine sofisticate che operano in camere speciali con un ambiente estremante controllato. Il risultato è un costo molto elevato e, inoltre, la produzione di una grande quantità di scarti, anche molto pericolosi per l’ambiente, che non le rendono competitive per la fabbricazione sostenibile dei futuri componenti ottici ultrasottili su larga scala. Con il mio progetto è possibile invertire questa tendenza”.
Quindi il suo progetto potrebbe impattare anche sulla produzione industriale di alcuni articoli?
“Assolutamente sì, perché i dispositivi ottici planari sono estremamente sottili (meno di un millesimo di millimetro) e leggeri, oltre che dotati di funzionalità speciali, non ottenibili con i componenti ottici convenzionali, come le lenti in vetro. Richiederanno una rivoluzione nel modo con cui sono fabbricati. Il numero di processi attualmente necessari per arrivare ad un dispositivo funzionante è molto elevato e produce tanto materiale di scarto. Si tratta di una limitazione che deriva dalla natura dei materiali che sono utilizzati nell’industria litografica. Il primo passo verso il futuro è quindi ideare un processo di fabbricazione tutto nuovo, che utilizzi tecniche e materiali mai impiegati prima in questo contesto. Materiali a basso impatto ambientale e che producono meno scarti”.
Da dove parte e dove può arrivare la sua ricerca?
“L’ idea rivoluzionaria su cui è basato HyperMaSH nasce dal mio studio dettagliato della natura e delle proprietà della luce e dalla consapevolezza che le tecniche attuali le sotto-utilizzano significativamente. Basti pensare che se accoppiamo l’enorme capacità che abbiamo nel manipolare la luce attraverso l’olografia digitale con un materiale speciale capace di codificare tali proprietà in una forma geometrica microscopica, potremmo ridurre l’intera sequenza dei processi di fabbricazione attuali ad un unico passaggio: l’illuminazione. In breve, dispositivi ottici già funzionanti saranno prodotti solo con la luce”.
Ci fa un esempio pratico?
“Immagini una scritta sulla sabbia. Può essere cancellata e riscritta un numero infinito di volte. I materiali di HyperMaSH possono essere disegnati, modellati e riprogrammati ripetutamente utilizzando sempre unicamente la luce. Questo li rende unici ed estremamente interessanti per il futuro della fotonica, riducendo drasticamente la quantità di materie prime utilizzate, gli scarti dannosi per l’ambiente e il tempo necessario alla loro produzione”.
Dove svilupperà il progetto?
“Alla Federico II, è motivo per me di grande orgoglio poter realizzare la mia idea nel posto in cui mi sono formato sperando di essere da esempio per altri giovani”.
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