Cronaca

Ultras e ’ndrangheta, il giallo della morte di “Totò ‘u Nanu”

di Rita Cavallaro -


Ancora sangue nel mondo degli ultras. Un terribile omicidio si è consumato ieri a Cernusco sul Naviglio, nell’hinterland milanese, all’interno del cortile di una palestra. Andrea Beretta, capo ultrà della curva nord dell’Inter, con un daspo di dieci anni già sulle spalle, dopo essere stato gambizzato da un colpo di pistola sparato dal trentaseienne Antonio Bellocco, condannato per mafia nonché nipote dello storico capobastone della famiglia di ‘ndrangheta Umberto Bellocco, ha reagito accoltellandolo a morte con un fendente alla gola. Il tutto all’interno della Smart di Bellocco e senza alcun segno premonitore: nessuno dei testimoni della palestra aveva avuto sentore della tragedia che si sarebbe consumata da lì a poco. Ma non è questo il risvolto più strano della vicenda. Infatti i due non solo si frequentavano assiduamente ma erano diventati amici per la pelle. La sera precedente all’omicidio, come anche testimoniato da alcune storie postate su Instagram, avevano giocato insieme a calcetto in una sfida tra tifosi interisti e milanisti, il classico “Derby de’ noantri” insomma. Ma allora cosa sarebbe successo tra i due sfegatati tifosi interisti? Quale sarebbe il movente che ha spinto Beretta a uccidere l’amico? Sul luogo del delitto è intervenuto il pm della Dda milanese, Paolo Storari, già responsabile di un’indagine sulle tifoserie, legata anche all’omicidio di Vittorio Boiocchi, storico leader nerazzurro ucciso due anni fa sotto casa sua. Gli inquirenti non negano una profonda preoccupazione per la vicenda, soprattutto per le ripercussioni che questa potrebbe avere, visti i trascorsi criminali dei due. Beretta è stato più volte sottoposto a misure cautelari per vari episodi violenti successi sia dentro che fuori lo stadio “Meazza”, tra i quali rissa, lancio di petardi e bottiglie e per aver malmenato selvaggiamente un venditore ambulante. Inoltre, a luglio scorso è stato condannato in primo grado a 6 mesi di carcere, con pena sospesa, insieme all’ex calciatore Davide Bombardini, con l’accusa di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, inizialmente contestata come tentata estorsione. Su Bellocco gravano invece reati di mafia. Infatti questo ha subìto una condanna definitiva nell’ambito dell’inchiesta scaturita dall’operazione “Tramonto” della Direzione distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, a seguito della quale si è trasferito a Milano. I suoi chiarissimi legami con la ‘ndrangheta hanno messo subito in allerta gli investigatori, che cercano il movente di Beretta proprio nei possibili affari loschi in essere tra lui e Bellocco. Ma lo stesso Beretta, in una intervista a un quotidiano, prima dell’omicidio, aveva detto che si trattava solo di amicizia e che non c’erano altri legami, di tipo criminale, tra loro, proprio perché i due erano già stati attenzionati dalle forze dell’ordine. Il delitto assume, sotto questa luce, nuovi contorni che darebbero la forma della vendetta al possibile movente di Andrea Beretta per uno sgarro in uno degli affari criminali che ruotano intorno al tifo organizzato a Milano. E non solo sul fronte interista. Parliamo di estorsioni, di interessi nella gestione dei parcheggi, nel merchandising che gira intorno alle squadre del cuore e, soprattutto, nel traffico di droga. Forse, anche la crescente ascesa nei ranghi del tifo interista da parte di “Totò ‘u Nanu”, come era soprannominato Bellocco, può aver contribuito al delitto, in quanto il successo nell’ambiente ultras della vittima stava minando la supremazia di Beretta. Queste ipotesi sembrano avere punti in comune con le piste seguite nell’omicidio, rimasto irrisolto, di Vittorio Boiocchi, altro capo storico degli ultras nerazzurri, nel 2022, e per il quale lo stesso Beretta fu ascoltato in qualità di testimone. E ora si teme la vendetta della ‘ndrangheta: l’assassinio di Totò Bellocco potrebbe scatenare un’escalation di violenza in città.


Torna alle notizie in home