Netanyahu guarda Gaza, ma la minaccia sono israeliani e Usa
Benjamin Netanyahu è sempre più isolato. Il premier si è intestardito sul controllo del corridoio di Philadelphia, lungo il confine di Gaza con l’Egitto, che è diventato un ostacolo insormontabile per un accordo di cessate il fuoco con Hamas. Snobbando le proteste di massa in patria e le critiche del presidente Usa Joe Biden, in una accesa conferenza stampa il premier ha detto che Israele non avrebbe ceduto il controllo di quello che considera un corridoio strategico.
“Israele non accetterà il massacro di sei ostaggi, Hamas pagherà un prezzo alto”, ha affermato Netanyahu, in piedi di fronte a una mappa gigante della Striscia di Gaza che includeva clip art di bombe e missili che attraversano il confine. Inscalfibile la sua posizione: “L’asse del male dell’Iran ha bisogno del corridoio di Philadelphia e Israele deve controllarlo”.
La moglie di Alex Lobanov, uno dei sei ostaggi ritrovati morti nell’enclave palestinese nel fine settimana, ha rifiutato di incontrarlo, quando si è recato a porgere le sue condoglianze alla famiglia.
Per Bibi non va meglio a Washington. Il presidente Joe Biden, e la vice nonché candidata del Partito Democratico alla Casa Bianca, Kamala Harris, hanno incontrato nella Situation Room il team di negoziatori statunitensi per l’accordo sugli ostaggi in seguito alla morte dell’americano Hersh Goldberg-Polin e di altri cinque rapiti. Dopo aver ricevuto aggiornamenti sullo stato della proposta-ponte delineata da Stati Uniti, Qatar ed Egitto, hanno discusso dei “prossimi passi” da compiere per garantire il rilascio di chi è ancora nelle mani dei miliziani.
Alla riunione hanno partecipato, tra gli altri, anche il segretario di Stato, Antony Blinken, il direttore della Cia, William Burns, il consigliere per la Sicurezza nazionale, Jake Sullivan, e l’inviato per il Medio Oriente, Brett McGurk.
“È da tempo che è giunto il momento di un cessate il fuoco e un accordo sugli ostaggi. Dobbiamo riportare a casa gli ostaggi e porre fine alle sofferenze di Gaza”, ha scritto su X Kamala Harris.
Già in settimana Biden potrebbe proporre un ultimo accordo “prendere o lasciare” nella speranza di arrivare a un’intesa tra tra le parti. Lo hanno riferito a Nbc News due fonti informate sui colloqui, precisando che Sullivan ha indicato questa opzione durante un faccia a faccia virtuale che si è tenuto ieri con parenti degli ostaggi trattenuti nella Striscia di Gaza dall’attacco del 7 ottobre scorso in Israele. Secondo il Washington Post, il mancato raggiungimento di un’intesa a stretto giro, potrebbe essere la fine dei negoziati promossi dagli Usa. Uno smacco per l’amministrazione a guida “dem”, che potrebbe essere pagato in maniera pesante nella corsa con il repubblicano Donald Trump. Per Dennis Ross, ex ambasciatore americano in Israele, resta da vedere se il pressing all’interno dello Stato ebraico costringerà Benjamin Netanyahu a un impegno “più serio” nei negoziati.
“Per ora (Sinwar) aspetterà di vedere se lo sciopero generale in Israele porterà a un ammorbidimento delle condizioni di Netanyahu – ha dichiarato Ross in un’intervista – Lo sciopero è a sostegno dei parenti degli ostaggi e del loro punto di vista secondo cui è fallita la strategia di Netanyahu, sia per quanto riguarda i negoziati che per l’aumento della pressione delle forze israeliane (Idf) su Hamas”.
Il sospetto negli Usa è che l’ostinazione del premier israeliano, risponda ad una precisa strategia, dai costi molto alti in termini di vite umane. “Retorica a parte, Netanyahu non ha mai dato priorità alla liberazione degli ostaggi. Per ora, sarà sotto forti pressioni interne per accettare un accordo di cessate il fuoco che salvi i restanti ostaggi – ha commentato Frank Lowenstein, ex funzionario del Dipartimento di Stato che lavorò ai negoziati israelo-palestinesi del 2014 – Se aspetta, con il tempo un minor numero di ostaggi vivi potrebbe significare un minor numero di prigionieri palestinesi da liberare e quella che considera una posizione negoziale più favorevole”.
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