Nicole Kidman si racconta: “Ho esplorato a fondo il mio personaggio”
di TOMMASO MARTINELLI
Attrice pluripremiata e simbolo di eleganza e versatilità, Nicole Kidman ha portato la sua straordinaria presenza alla 81ª Mostra del Cinema di Venezia con il film Babygirl. Con una carriera che spazia da ruoli drammatici a interpretazioni intense e complesse, la Kidman continua a sorprendere il pubblico e la critica con la sua capacità di immergersi profondamente nei personaggi. In Babygirl, diretto dalla talentuosa Halina Reijn, l’attrice australiana interpreta Romy, una donna d’affari di grande potere che si avventura in una relazione rischiosa, mettendo a repentaglio la sua vita professionale e personale.
In “Babygirl”, il suo personaggio Romy affronta temi complessi come il desiderio, il potere e i segreti. Come si è approcciata a questo ruolo?
Romy è un personaggio estremamente complesso, e per me è stato importante immergermi completamente nella sua storia. Il film tocca temi fondamentali come il sesso, i segreti e il consenso, ma esplora anche il matrimonio e le verità nascoste. È una storia raccontata da una donna, attraverso lo sguardo di Halina Reijn, e questo ha reso il progetto particolarmente significativo per me. Mi sono sentita libera di esplorare la vulnerabilità e la forza di Romy, portando in scena tutte le sue contraddizioni. Lavorare su questo ruolo mi ha dato la possibilità di indagare profondamente il desiderio femminile e di interpretare un personaggio che sfida le convenzioni, sia a livello emotivo che psicologico.
Il film include scene di forte impatto erotico. Come ha gestito queste sfide durante le riprese?
Le scene più intense richiedono una grande fiducia e un ambiente di lavoro sicuro. Sul set di Babygirl mi sono sentita completamente protetta, il che mi ha permesso di lasciarmi andare e di esplorare il personaggio senza riserve. Non ho mai considerato il corpo come un mero strumento, ma piuttosto come un mezzo per raccontare la storia in modo più autentico. La sicurezza e l’armonia con il cast e la troupe sono stati fondamentali per affrontare le scene più difficili, come quelle di sesso o di vulnerabilità estrema. Questo mi ha permesso di dare il massimo senza sentirmi esposta, ma piuttosto concentrata sul rendere giustizia al personaggio e alla sua complessità.
Lavorare con una regista donna su un film che esplora il desiderio femminile ha avuto un significato particolare per lei?
Lavorare con Halina Reijn è stato incredibilmente stimolante. C’è qualcosa di profondamente speciale nel collaborare con una regista che comprende così bene la psiche femminile e che sa raccontare queste storie con coraggio e autenticità. Halina ha creato un ambiente di lavoro in cui ci siamo sentiti tutti liberi di esplorare e di andare oltre i nostri limiti, il che è stato essenziale per un film come Babygirl. Questa è una storia di libertà, raccontata attraverso una prospettiva femminile, e credo che ciò la renda unica. Spero che il pubblico possa apprezzare non solo la complessità dei personaggi, ma anche il messaggio di emancipazione che il film porta con sé.
Il suo personaggio, Romy, ha una relazione significativa con il personaggio interpretato da Sophie Wilde. Com’è stato costruire questa dinamica sul set?
Sophie è un’attrice incredibilmente talentuosa e lavorare con lei è stato un vero piacere. Abbiamo subito trovato un’intesa naturale, grazie anche alle nostre radici comuni in Australia. Questa sintonia ci ha permesso di costruire una dinamica autentica tra i nostri personaggi, dove Romy funge da modello e guida per il personaggio di Sophie. È stato emozionante vedere come Sophie ha portato in vita il suo personaggio con così tanta profondità, e credo che questa autenticità emerga chiaramente nel film. Sono orgogliosa di far parte di un progetto che mette in evidenza il talento delle giovani attrici e racconta storie che hanno un impatto profondo.
Per le scene più intime con Harris Dickinson, quanto è stata importante la costruzione di un legame di fiducia tra voi due?
La fiducia è stata assolutamente cruciale. Harris e io ci siamo incontrati a New York, in una sala prove, dove abbiamo avuto l’opportunità di conoscerci e di lavorare insieme sulle scene più delicate. Questo tempo trascorso insieme ci ha permesso di costruire una solida base di fiducia, necessaria per affrontare le scene intime con la giusta sensibilità. Halina ha insistito molto sulla preparazione, e questo ci ha aiutato a entrare nei personaggi in modo più profondo e a trasmettere sullo schermo tutta l’intensità e la complessità delle loro emozioni. È stata una collaborazione davvero fruttuosa che ha dato vita a una performance sincera e intensa.
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