Editoriale

Se la democrazia è liberticida

di Adolfo Spezzaferro -


Il delicato tema della libertà d’espressione declinata sui social media è tornato di terribile attualità a causa dell’arresto in Francia del fondatore di Telegram, il russo Pavel Durov. Ora che è calato il gelo tra Mosca e Parigi e in rete è scattata la levata di scudi in difesa del patron dell’app di messaggistica “anti WhatsApp”, si scatenano gli analisti nel fare i dovuti distinguo e snocciolare i capi d’accusa tirati in ballo. L’amministratore delegato di Telegram, in detenzione cautelare, deve rispondere per 12 reati legati a frode, traffico di droga, riciclaggio di denaro e altri crimini “facilitati” dalla sua piattaforma che conta quasi un miliardo di utenti. Durov, di nazionalità russa, francese ed emiratina, è stato arrestato sabato all’aeroporto di Le Bourget, a Nord di Parigi, per essere interrogato nell’ambito dell’inchiesta sul suo social. Mosca accusa l’Occidente: “È un arresto politico”. In tanti sostengono che l’obiettivo dell’operazione sono i segreti di intelligence – anche militari – custoditi dall’app, che è criptata ed è indipendente, quindi non risponde a nessuno al di fuori di Durov. Il presidente della Duma russa si spinge oltre e accusa: “Telegram è una delle poche e allo stesso tempo la più grande piattaforma Internet su cui gli Stati Uniti non hanno alcuna influenza. Alla vigilia delle presidenziali statunitensi, è importante per Joe Biden ottenere il controllo di Telegram”. Un dato è certo, siamo di fronte a una limitazione della libertà di espressione per due ragioni: la sicurezza nazionale dei Paesi che ritengono che Telegram sia utilizzato dagli anti-occidentali e soprattutto perché è in atto una guerra per il controllo dello spazio digitale. Altro dato sotto gli occhi di tutti è che alla base dei social c’è un meccanismo che più che tutelare la libertà di opinione punta alla manipolazione dell’opinione. Per fini commerciali, certo. Ma non solo. Non a caso proprio in queste ore Mark Zuckerberg ha inviato una lettera al Congresso Usa, nella quale ammette che Meta (Facebook, Instagram, WhatsApp) ha subìto pressioni governative riguardo alla gestione delle informazioni sul Covid-19 e su presunte fake news che sarebbero legate alla disinformazione di origine russa. Prima di lui, Elon Musk, patron di X, aveva dichiarato che il prossimo sarebbe stato lui, “al 100%”, perché la sua piattaforma è “scomoda” per il deep state Usa e i dem. E pure per l’Ue – vedasi attacco del commissario Thierry Breton. In ogni caso, la Francia, l’Ue, l’Occidente si rivelano profondamente illiberali. Per di più secondo la logica dei due pesi e due misure – ricordate la denuncia di Amnesty International quando Durov veniva censurato in Russia? Ora che è stato arrestato a Parigi, tutti zitti. Telegram poi ha sede a Dubai, per evitare interferenze governative e quindi per essere più libero. Le accuse contro Durov nascono proprio dal fatto che siccome Telegram non collabora, allora di sicuro nasconde qualcosa di pericoloso. Più in generale, il teorema è che siccome Durov è l’ad di Telegram e su questo social ci sarebbero terroristi e pericolosi nemici che tramano contro l’Occidente, la colpa è di Durov che lo consente. Tornando alla rivelazione di Zuckerberg, la pandemia ha dato diritto all’amministrazione Usa di manipolare i social di Meta. Stavolta la sicurezza nazionale dà diritto alla Francia di arrestare Durov. Il tutto a discapito della libertà di espressione. Insomma, la difesa della democrazia dai suoi nemici spesso somiglia a metodi dittatoriali, liberticidi. Antidemocratici.


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