Attualità

I POTERI CORTI – È tutto a basso prezzo

di Marco Travaglini -



“Ho un’azienda che fa sviluppo software”: in chi non è del mestiere, queste parole stimolano considerazioni importanti – si pensa che le competenze per avere un’azienda in tale settore siano elevate e, soprattutto, che i rendimenti economici da “imprenditore dell’immateriale” siano alti – e, spesso, generano anche un po’ di invidia sociale derivante dalla sindrome del “papavero alto”, molto diffusa nel nostro Paese. Eppure, in molte di queste aziende, “manovali di sviluppo”, la vita professionale e, ancor più, personale degli imprenditori è davvero complessa. Parlo di moltissime realtà, sempre contoterziste in subappalto, che vengono letteralmente guidate nei prezzi e nei pagamenti dai vincitori di gare importanti derivanti da commesse statali, di grandi banche, ministeri e, in generale, strutture pubbliche o private che effettuano considerevoli investimenti nello sviluppo di piattaforme. Pagamento giornaliero di sviluppatori poco sopra il costo (quasi sempre esplicitamente richiesto per calcolarne il margine post gara) che, spesso, riduce tali società di sviluppo a delle mere realtà di somministrazione (inducendole a non rispettare la legge che detta vincoli specifici per tale servizio), dai margini così bassi da permettere solo una strategia economica di scala che le rende strutture pesanti e pericolose, in un mercato dove l’offerta di lavoro è anche bassa e molto fluida. Il tutto con pagamenti, non sempre rispettati, a 180 giorni (6 mesi!), obbligando gli stessi subappaltatori a fare da banca. Ma ci rendiamo conto di quanto sia malato tale sistema senza valore aggiunto? La cosa ancora più sconcertante è quanto tali imprenditori (tema già affrontato) dipendano da un fatturato che, spesso anche per oltre il 90%, deriva da mono commesse, sempre più aleatorie. Ho conosciuto una di queste realtà, fatta di brave persone e di ottimi lavoratori, che ha compreso la necessità di trovare sia un’alternativa di servizio – con la possibilità di mettere sul piatto idee sopra alle proprie capacità di sviluppo – sia di differenziare la propria offerta con prodotti di proprietà, approfittando di una finanza agevolata da PNRR che permette di avere fondi per innovare, impostare intelligenze più o meno artificiali e portare valore all’esterno. Allora, quale è la soluzione possibile ad un disastro da margine zero e a basso valore aggiunto di tantissimi mercati diventati commodity e che sono la causa principale di tanti disagi sociali del nostro Paese? Non c’è soluzione se non quella di diffondere conoscenza e modelli di lavoro diversi, innovazione organizzativa, valore aggiunto della comunicazione, dei dati e dell’immateriale e fare impresa differenziando e agendo snelli e veloci nel cambiamento: passando casa per casa, fabbrica per fabbrica, associazione per associazione, in maniera capillare e pervasiva, con un lavoro culturale sul territorio. “Tutto il resto è noia”; il ripetersi di ricette che hanno poco funzionato negli ultimi 40 anni in un Paese che sembra, in una discoteca di giovani, un attempato signore a cui rimane il fascino, ma manca l’operatività dell’approccio.


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