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Omicidio Ravasio, 6 arresti: non fu investito per caso, lo volle la compagna per avere i suoi beni

di Angelo Vitale -


Fu investito e ucciso mentre andava in bici: non fu un omicidio stradale ma “un delitto premeditato dalla donna che era la sua compagna”, progettato e programmato per circa 3 mesi. Fabio Ravasio aveva 52 anni e fu travolto da un’automobile lo scorso 9 agosto a Parabiago, nel Milanese.

Morì per volere di Adilma Pereira Carniero, 49 anni, la sua compagna che aveva contattato mesi prima una persona cui aveva illustrato la sua idea di uccidere il compagno, con il quale continuava a convivere nonostante la fine della loro relazione.

“Mi aveva detto personalmente che non sopportava più il marito – ha spiegato agli investigatori il complice, successivamente incaricato insieme a un altro di fare “da palo” nelle fasi finali dell’omicidio -, e che quindi lo voleva uccidere. Adilma, in quella occasione, rivelò all’uomo che il suo piano omicida era finalizzato ad impossessarsi dei beni di Ravasio.

All’uomo e agli altri complici, la donna promise, in cambio della loro partecipazione, di regalare “un appartamento per ciascuno in una cascina di Parabiago”.

La pianificazione del delitto, per il quale sei persone – oltre a lei, amici della donna e uno dei suoi nove figli – sono state fermate dai carabinieri, sarebbe quindi proseguita con “altri due incontri operativi”, durante i quali uno degli indagati si sarebbe anche occupato di un sopralluogo sulla strada ove poi Ravasio sarebbe stato investito: “Avevamo discusso anche del mezzo da utilizzare per realizzare il falso investimento”, ha confessato.

Il pm di Busto Arsizio Ciro Vittorio Caramore, nel provvedimento di fermo, definisce il delitto “di eccezionale gravità”, sottolineando che “l’assoluta (per certi versi incredibile) facilità e spregiudicatezza dimostrata dagli indagati nel commettere il reato costituisce indizio evidente e tangibile della pericolosità dei medesimi”.

Un piano omicida scoperto dagli inquirenti dopo aver accertato che l’autovettura utilizzata per investire Ravasio, in quell’occasione contrassegnata da una targa contraffatta, apparteneva in realtà ad una persona che Ravasio conosceva, una di quelle poi arrestate.


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