Ogni sera in tv il male banale
Ogni delitto, processo o caso giudiziario ha un nome. Velocissima, nel nostro Paese, la “digestione” dell’omicidio più atroce per affibbiargli subito un’etichetta riconoscibile, che entra nelle case degli italiani a pranzo, a cena o nel dopocena per rimanere indelebilmente nel ricordo e nell’immaginario di ciascuno di noi. Ogni volta, anche un po’ cinicamente, c’è poi da chiedersi se un nome o un cognome o l’indicazione di un paese può avere, per media e tv, lo stesso “valore” di un altro. Il caso Yara, ma anche il processo Bossetti. il caso Claps. Il processo di Cogne, quello di Erba, ma anche il processo di Olindo e Rosa. Il caso Orlandi, finito a prefigurare un intreccio che ha travalicato il Vaticano e la criminalità organizzata della Capitale per arrivare a toccare gli scenari internazionali delineati dall’attentato al Pontefice, avrebbe avuto la stessa efficacia di clamore mediatico pure se la povera Emanuela avesse avuto per cognome il più popolano Cecioni? Una domanda stupida, media e tv avrebbero trovato subito un altro titolo.
I giornali e le tv fagocitano ogni delitto, spettacolarizzano ogni piega degli interrogativi degli inquirenti e della gente comune, la restituiscono a lettori e spettatori con un titolo. Il delitto Verzeni, l’omicidio di Sharon. Il giallo dell’estate che nel giro di poche settimane, complice l’assenza di notizie, ha monopolizzato tutto lo spazio informativo possibile. Rilanciando nei titoli dei tg fatti stranoti. Un copione preciso che ha superato ogni lutto, con più di un paio di varianti e qualche evergreen della narrazione dei delitti. Sentito per ore in caserma il fidanzato. Sentiti per ore in caserma i genitori, i parenti e i genitori del fidanzato. Sulla scia del processo Bossetti, avviati gli esami del Dna, su profili “interessanti” o meno, ogni volta contenuti in note ufficiali degli inquirenti. La pista di Scientology. Le 50 telecamere, una per ogni 80 metri quadri del paese, che non hanno registrato la scena del delitto. L’ex pregiudicato affacciato a 150 metri dall’omicidio, che però vede male e sente poco. Un’unica certezza, quella telefonata al 112: “Mi ha accoltellata”. Alla fine, la banalità del male. Non per giornali e tv.
Torna alle notizie in home