PRIMA PAGINA – Il conflitto a Gaza irrompe nella campagna elettorale Usa
L’incontro a Gerusalemme tra il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il segretario di Stato americano Antony Blinken è durato tre ore. Secondo l’ufficio di Netanyahu, è stato “positivo” e si è svolto in una “buona atmosfera”.
Il primo ministro ha detto che invierà i suoi principali negoziatori a un summit al Cairo previsto per questa settimana. Lo ha riferito un funzionario israeliano al Times of Israel. La squadra sarà guidata dal capo del Mossad David Barnea, dal direttore dello Shin Bet Ronen Bar e dall’addetto agli ostaggi per le Forze di difesa israeliane (Idf), Nitzan Alon.
Il capo della diplomazia statunitense ha avuto un faccia a faccia anche con il ministro della Difesa Yoav Gallant, nel suo ufficio a Kirya.
Per Blinken la nuova sessione di colloqui su Gaza è l’ultima possibilità. “Questo è un momento decisivo, probabilmente la migliore, forse l’ultima, opportunità per riportare a casa gli ostaggi, per ottenere un cessate il fuoco e per mettere tutti sulla strada migliore per una pace e una sicurezza durature”, ha affermato Blinken incontrando il presidente israeliano Isaac Herzog. Il segretario Usa ha chiesto sia ad Hamas che alle autorità israeliane di non vanificare gli sforzi dei mediatori.
Il movimento di resistenza islamica ha scaricato sulla controparte le responsabilità dei rallentamenti: “Dopo aver ascoltato i mediatori su quanto avvenuto nei colloqui a Doha, abbiamo avuto la certezza che Netanyahu sta ancora ponendo ostacoli al raggiungimento di un accordo. Netanyahu sta ponendo nuove condizioni per sabotare i negoziati, tra cui il mantenimento del controllo sul Corridoio Filadelfia, sul valico di Rafah e sul Corridoio Netzarim. Netanyahu ha la piena responsabilità di far deragliare l’accordo”.
Joe Biden e la sua amministrazione si stanno giocando molto. Un esito positivo delle trattative gli fornirebbe una carta importante da mettere a disposizione di Kamala Harris in vista delle presidenziali.
La vicepresidente degli Stati Uniti e candidata democratica, alle prese con la convention del suo partito a Chicago, non ha voluto rispondere alle domande dei giornalisti che le chiedevano se Benjamin Netanyahu fosse “pronto” ad accettare il “cessate il fuoco”. Harris ha però ribadito: “Vogliamo il cessate e il fuoco e vedere liberati gli ostaggi”. La vicepresidente ha aggiunto che la squadra di cui fa parte “lavorerà duramente su questo”. Le manifestazioni pro Palestina faranno da cornice alla kermesse dei dem.
I destini di Washington e Tel Aviv sono per certi versi intrecciati. Il campo di battaglia dell’enclave palestinese è entrato nella campagna elettorale americana. Più di duemila persone sono arrestate a maggio nei vari campus universitari per le proteste pro Gaza. Il maggior numero si è registrato alla Columbia University di New York, con oltre quattrocento fermati. Il pugno duro nella repressione delle manifestazioni, ha portato nei giorni scorsi alle dimissioni di Minouche Shafik, presidente del prestigioso ateneo.
Per la prima volta dopo decenni, nessuno studente di origine ebraica, diplomatosi alla Ramaz High School dell’Upper East Side, si iscriverà alla Columbia University di New York. A renderlo noto sono stati i vertici del liceo della Grande Mela.
L’Iran è uno dei più importanti e forti sostenitori internazionali del cessate il fuoco a Gaza e continuerà a sostenere ogni sforzo in questo senso, “ma la questione non ha nulla a che fare con il diritto legittimo dell’Iran di rispondere all’aggressore”. È la posizione espressa dal portavoce del ministro degli Esteri di Teheran, Nasser Kanaani. Il portavoce ha ricordato che “un ospite ufficiale dell’Iran (Ismail Haniyeh) è stato colpito in un attacco terroristico sul suolo iraniano e martirizzato. Lui era il leader del processo di negoziati politici per stabilire un cessate il fuoco”. Uccidendolo, “il regime ha dimostrato di non voler seguire il processo politico”.
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