Politica

Ius scholae, l’unica strada

di Redazione -


di CARLO GIOVANARDI
Ma basta affacciarsi in qualsiasi scuola elementare e media per verificare che in tante di loro gli alunni di origine italiana sono ormai una minoranza.
Quando ho verificato questo fenomeno, comune ormai a quasi tutte le città italiane, ho presentato (eravamo nel 2013) un disegno di legge che prevedeva di concedere la cittadinanza ai bambini, nati in Italia da genitori extracomunitari, uno dei quali in Italia da almeno un anno, se dopo la nascita è vissuto in Italia e vi risiede legalmente al momento dell’iscrizione alla scuola dell’obbligo (proprio lo ius scholae).
Qualcuno potrebbe obiettare che mentre questa non può che essere la via giusta per chi crede alle parole di Gesù “Ogni uomo è mio fratello”, non altrettanto può apparire ai non cristiani. Anche loro però dovrebbero laicamente prendere atto della realtà di un Paese, l’Italia, che sta subendo da decenni un crollo della natalità, con la conseguenza che di qui a pochi decenni gli italiani autoctoni saranno complessivamente una minoranza della popolazione, ma ancora la maggioranza di una sterminata platea di anziani la cui assistenza (vedi colf e badanti) e le cui pensioni saranno pagate con le tasse pagate da milioni di lavoratori stranieri di prima o di seconda generazione.
Funzionerà? Sì, se saremo inflessibili nel difendere ed insegnare i valori e i principi contenuti nella nostra Costituzione laica e repubblicana: per esempio la libertà religiosa, la parità assoluta di diritti e doveri tra uomini e donne, la sovranità appartenente al popolo che la esercita attraverso libere elezioni.
Impresa facile? Assolutamente no, perché ci dovremo confrontare con un fondamentalismo islamico che ovunque conquista il potere irride e calpesta questi principi. Dovremo pertanto avere sempre a mente la lezione del grande Cardinale Giacomo Biffi, che mentre ribadiva i principi evangelici, suggeriva all’autorità politica di favorire l’immigrazione dai Paesi che hanno valori culturali e religiosi più facilmente assimilabili con i nostri.
Dobbiamo poi ricordare che dopo la caduta dell’Impero Romano l’Italia è stata conquistata dal più barbaro dei popoli barbari, i Longobardi (i Lumbard di oggi), dagli arabi (con secoli di Califfato) e dai Normanni (cioè dai Vichinghi).
La tradizione del diritto romano e soprattutto la Chiesa li ha (ci ha) tutti trasformati in italiani, in quella Italia che il Manzoni scolpiva così: “Una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor”.
Ci sono riusciti i nostri antenati (e dall’altra parte del mondo gli statunitensi) e dobbiamo riuscirci di nuovo anche noi, anche perché non c’è nessuna alternativa reale a questa strada obbligata.


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