Sentenza Usa contro Google per il “cartello” della ricerca online con Apple e Samsung
Clamorosa sentenza di un giudice federale degli Stati Uniti contro Google per la posizione predominante nel settore della ricerca online. Condannata Alphabet, società capofila madre del colosso Usa, per aver messo in atto strategie considerate illegali, con l’obiettivo di determinare e mantenere un monopolio nel campo. In particolare, il giudice Amit P. Mehta è intervenuto a favore di quanto sostenuto dal Dipartimento di Giustizia e dagli Stati Usa che hanno portato Google in tribunale accusando la big tech di aver consolidato illegalmente il suo predominio commerciale anche sulla scorta di pagamenti per più di 26 miliardi di dollari, solo nel 2021, a favore di Apple e Samsung affinché queste compagnie consentissero al sito avviato nel 1996 da Larry Page e Sergey Brin di gestire automaticamente le ricerche sui loro dispositivi smartphone e browser web.
In tribunale, il Dipartimento di Giustizia ha sostenuto che Google controlla in tal modo oltre il 90% del mercato della ricerca statunitense. Il giudice federale ha accolto questa tesi, rilevando che Google non abbia saputo fornire, in merito, giustificazioni relative agli accordi stipulati con Apple e Samsung.
Nel dettaglio, “dopo aver attentamente considerato e soppesato le testimonianze e le prove, la Corte giunge alla seguente conclusione: Google è un monopolista e ha agito come tale per mantenere il suo monopolio”, ha scritto nella decisione il giudice distrettuale americano Amit Mehta. “Ha violato la Sezione 2 dello Sherman Act (la più antica legge Usa in materia di antitrust, datata 1890, ndr).
Il processo, iniziato nello scorso mese di settembre, si era chiuso durante la prima settimana del mese di maggio con le arringhe conclusive. ancora indefiniti, gli effetti concreti della sentenza contro la quale quasi sicuramente verrà avanzato un ricorso.
Il provvedimento interviene in un quadro complessivo ove si assiste ad un rinnovato controllo di queste attività da parte delle autorità di regolamentazione sia a livello nazionale che internazionale. Apple è già finita nel mirino dei controlli antitrust da parte del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e di 16 procuratori generali statali all’inizio di quest’anno, che hanno accusato il produttore di iPhone di aver sottoposto ad un controllo troppo rigido i suoi dispositivi, impedendo ad altre società di creare applicazioni che potrebbero competere con le proprie.
Guai anche per Amazon, raggiunta lo scorso anno da una causa intentata dalla Federal Trade Commission degli Stati Uniti e da 17 procuratori generali statali secondo i quali il gigante della vendita al dettaglio online si impegna in comportamenti esclusivi e anticoncorrenziali. La stessa Google era già stata coinvolta in una serie di cause legali, inclusa una relativa alla gestione dei dati nel suo browser Chrome.
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