epa11526614 A dealer looks at monitors showing the foreign exchange rate between the Japanese yen and US dollar in Tokyo, Japan, 05 August 2024. The Tokyo stock exchange plunged more than 11 percent, with the Japanese yen rising against the US currency, after a drop on Wall Street of more than 600 points. EPA/KIMIMASA MAYAMA
A furia di tenere i tassi alti è andata a finire che le Borse, a cominciare dagli Usa, stanno crollando. Una a una. Come in un perfido effetto domino che è partito dagli Stati Uniti e chissà dove finirà. Ma da dove è partito, però, si sa. S’è capito. E occorre davvero avere le fette di prosciutto dell’ideologia davanti agli occhi per non vederlo. Il fatto è semplice: la Fed, a fine luglio, ha confermato i tassi al 5,5% e il governatore Jerome Powell ha lasciato intravedere la fine dell’austerity. Ma a settembre. Con un piano di soft landing, ossia un atterraggio morbido. È accaduto, però, che la diffusione di due dati sull’economia Usa abbiano letteralmente sconvolto i mercati. La disoccupazione, a luglio, è salita dello 0,2% passando dal 4,1% al 4,3%. Tutto qui? Macché. Sono in picchiata i dati sulle nuove assunzioni. Che sono risultate poco meno di 114mila quando se ne attendevano almeno 170mila. Cosa ancora più grave, è sceso pure l’indice manifatturiero che è tracollato a 46,6% ben sotto le aspettative degli analisti e degli osservatori. La narrazione, a questo punto, è andata a farsi benedire. Tre indizi fanno una prova. Recessione. L’incubo è diventato più vicino. E il sentiment dei mercati a quel punto s’è totalmente schierato sulla paura. Un’ondata di vendite, una raffica di vendite. Che hanno colpito soprattutto il fiore all’occhiello dell’economia americana, ossia l’hi tech e il digitale. In pratica, chip e Ai stanno vibrando come mai prima d’ora. Al punto che si sta passando da un eccesso all’altro. Dalla narrazione simil-apocalittica delle macchine che domineranno il mondo al timore che sia esplosa la bolla digitale e che quanto sta accadendo in queste ore non sia altro che la promessa di una crisi peggiore. Detto tra noi, in America – a furia di tassi alti – è accaduto quello che sta succedendo all’Europa. Ma i numeri disastrosi dell’economia del Vecchio Continente non hanno scatenato alcun panico sui mercati. E ciò non sembra essere accaduto perché l’Ue sia più affidabile degli Usa. È più probabile che l’Europa sia già entrata nella dimensione tanto temuta della periferia geo-economica. Già, perché il secondo scossone ai mercati è arrivato dal Giappone. E c’entrano, ancora una volta, i tassi troppo alti. La Bank of Japan, nel fine settimana, aveva annunciato il rialzo di un quarto di punto percentuale sui tassi. Non accadeva dal 2007. Però è successo che i furbacchioni Usa, per dribblare i tassi alti decisi dalle Fed, abbiano chiesto finanziamenti alle banche giapponesi lasciando ai gonzi gli aumenti della rata del mutuo o, peggio ancora, il fastidio di districarsi nel crollo del sistema delle banche regionali Usa. Si chiama carry trade. Proprio questo è stato lo strumento che ha consentito a molti investitori di iniettare miliardi e miliardi in investimenti nelle grandi aziende del tech, a cominciare da Nvidia, l’unicorno dei semiconduttori Usa che, da anni, macina record su record e adesso colleziona spaventose perdite in Borsa. Ma se il costo del denaro aumenta anche in Giappone, il rischio è che adesso ci sarà un’ondata di richieste di cambio dollaro-yen. Al di là degli effetti valutari sulle monete dei due Paesi, c’è un problema che ora non fa dormire la notte Powell e compagnia contabile. Non c’è liquidità negli Usa e non ce n’è perché i tassi alti servono proprio a questo, a diminuire la quantità di denaro in circolazione. Finora la Fed ha tolto di mezzo qualcosa come 60 miliardi di dollari. Insomma, siamo sulla soglia dell’abisso. E l’Europa? In tutto ciò il Vecchio Continente resta a guardare, a sperare e a soffrire. Mentre i banchieri alzano la voce con il rigore e, soprattutto, contro le nuove regole sul credito che l’Eurotower intende imporre ai mercati mentre la Germania zoppica sempre più vistosamente.