Editoriale

Chiacchiere da bar e tifoseria da stadio

di Adolfo Spezzaferro -


Chiacchiere da bar e tifoseria da stadio: sono due espressioni che spesso vengono rifilate alle grandi polemiche che vedono una polarizzazione degli schieramenti. Con una massiccia dose di luoghi comuni e inesattezze – come nel chiacchiericcio un po’ alticcio al pub – e con la foga, il “fuoco sacro” di chi si riconosce in una bandiera ma invece di seguire la partita in campo insegue il tifoso avversario.
Rendono l’idea, dunque, queste due espressioni: come nel caso dell’ultima polemica sfociata anche nella contrapposizione politica (con una performance vergognosa della sinistra) e in una presa di posizione del nostro governo contro il Cio, il Comitato olimpico. Ossia quella sull’incontro di boxe tra un pugile intersessuale, l’algerina Khelif – donna sulla carta, maschio come muscoli e forza sul ring – e la napoletana Carini. Come è arcinoto, ci torniamo solo per fare l’esempio, alle Olimpiadi di Parigi (le peggiori degli ultimi decenni perché all’insegna di una ideologizzazione che tradisce lo spirito sportivo) la Carini, dopo pochi secondi e un pugno molto forte, ha abbandonato l’incontro. Si è inginocchiata e ha pianto. Il giorno dopo ha lasciato pure la boxe. Ecco, su quel ring sono saliti tutti: tutti esperti di ormoni, di sesso biologico, di pugilato e di agonismo. Come al bar, ma con la veemenza accecante dell’ultras in curva, le due fazioni si sono scontrate difendendo da una parte il diritto dell’algerina di combattere nella categoria femminile (che assurdità), dall’altra la nostra pugile, vittima di un’ingiustizia avallata anzi sponsorizzata dalle Olimpiadi chez Macron – un disastro sotto ogni punto di vista, proprio come la presidenza francese. Per chiudere con il nostro esempio, quell’incontro non avrebbe mai dovuto tenersi – perché era impari, perché in nome di una presunta parità di genere è andata in scena (sulla pelle della Carini) la disparità agonistica. Quello che invece ci preoccupa ancor di più è che ormai, complici anche i social e quell’inebriante sensazione (pericolosamente fallace) di sapere tutto, di essere super informati, l’opinione pubblica è il trionfo della totale assenza di coscienza critica, di discernimento. Tutti a ripetere a vanvera una cosa oppure il contrario esatto di quella cosa, a prescindere, in base allo schieramento di appartenenza. E quelli dotati di buonsenso oppure un po’ più documentati sul caso vengono subito eletti a furor di popolo massimi esperti, giudici dirimenti della lana caprina. Sarà tutta colpa di Wikipedia, chissà.


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