L’eliminazione di Ismail Haniyeh scuote l’intero Medioriente. L’Italia teme il peggio
L’operazione in cui è stato ucciso il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, colpito intorno alle 2 di notte nella sua residenza privata nella capitale iraniana Teheran, è stata condotta con un missile guidato. Lo scorso aprile erano stati assassinati tre dei suoi figli, Hazem, Amir e Mohammad, in un bombardamento che centrò l’auto sulla quale viaggiavano nel campo di Shati, nel nord della Striscia di Gaza.
Il segretario generale della Jihad Islamica, Ziad Nakhaleh, che era in un piano diverso dello stesso edificio, è sopravvissuto.
L’ufficio stampa del governo di Israele ha pubblicato un post in inglese sul suo account Facebook, annunciando l’assassinio di Haniyeh. Sul suo volto c’era la parola “eliminato” in grandi lettere nere. Dopo pochi minuti, l’immagine è stata rimossa.
I funerali di Ismail Haniyeh si terranno oggi alle 8 nella capitale iraniana. Dopo la cerimonia funebre, il corpo del leader islamista sarà trasferito a Doha, in Qatar.
Rabbiosa la reazione del movimento islamico di resistenza. Per Musa Abu Marzouk, quello compiuto da Israele, è “un atto vile che non resterà impunito”. Le Brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato del gruppo, l’hanno definito un “evento significativo e pericoloso” che “spinge la battaglia a nuove dimensioni”. “Il nemico pagherà il prezzo della sua aggressione con il suo sangue a Gaza, in Cisgiordania e all’interno” di Israele “e in ogni luogo raggiungibile dai mujahiddin del nostro popolo”, si legge in un comunicato.
Gli Stati Uniti non sono stati coinvolti nell’assassinio di Ismail Haniyeh. Lo ha dichiarato il Segretario di Stato americano Antony Blinken, precisando che “non ne eravamo a conoscenza e non siamo stati coinvolti”.
Nel corso di un’intervista con Channel News Asia durante la sua visita a Singapore, Blinken ha risposto che “è molto difficile formulare ipotesi” quando gli è stato chiesto quale impatto avrebbe potuto avere la mossa di Tel Aviv.
La bandiera rossa sventola in Iran sulla cupola della moschea Jamkaran. Nella tradizione sciita, un panno cremisi simboleggia il sangue versato ingiustamente e un appello a vendicare l’assassinato.
“La Repubblica islamica dell’Iran difenderà la sua integrità territoriale, il suo orgoglio ed e il suo onore e farà pentire gli invasori terroristici per la loro azione codarda”, ha avvertito il presidente iraniano, Masoud Pezeshkian.
L’Iran, ha proseguito Pezeshkian, “piange il coraggioso leader della resistenza palestinese, il martire di al-Quds, Ismail Haniyeh” con cui ha condiviso “gioie e dolori”. Il presidente ha sottolineato che “il martirio è l’arte degli uomini di Dio”, assicurando che “il legame tra le due orgogliose nazioni dell’Iran e della Palestina sarà più forte di prima”.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan “condanna con forza” l’atto “perfido, atroce e spregevole” di Israele contro Haniyeh, indicato come “mio fratello”. Per Erdogan, l’obiettivo è “minare la causa palestinese, la resistenza gloriosa di Gaza e la lotta giusta dei nostri fratelli palestinesi”, ma la “barbarie sionista non riuscirà mai a raggiungere i suoi obiettivi”. Il presidente ritiene che una posizione “più forte” da parte del mondo islamico porrebbe fine alla “tirannia e al genocidio a Gaza e al terrorismo nella nostra regione”.
L’Italia teme il peggio. “Stiamo continuando a lavorare in queste ore per scongiurare l’estensione del conflitto, alla luce del susseguirsi degli eventi. Anche in queste ultime ore sono in contatto con i nostri principali partner e lancio un appello affinché si faccia tutto il possibile per evitare una escalation”, ha riferito il ministro degli Esteri Antonio Tajani, durante il Question Time alla Camera.
Israele non vuole una guerra totale ma “l’unico modo per prevenirla è attuare la risoluzione Onu 1701”. A sostenerlo è il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, in una lettera fatta pervenire a “decine di altri capi delle diplomazie” nel tentativo di tamponare le tante critiche piovute addosso all’esecutivo di cui fa parte.
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