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PRIMA PAGINA-Criminalità e Ai, il nuovo cartello da combattere. Intervista a Mauro D’Attis

di Giuseppe Ariola -


Il progresso tecnologico offre strumenti in grado di agevolare la nostra quotidianità, ma anche quella della criminalità organizzata che si serve dell’innovazione per alimentare i suoi traffici e proteggere il proprio giro d’affari. Insomma, la mafia si è aperta alle nuove frontiere digitali utili nelle comunicazioni, ma anche nelle operazioni finanziarie. “E’ così”, ci conferma il deputato di Forza Italia Mauro D’Attis, coordinatore del X Comitato della commissione Antimafia. “Il governo di Giorgia Meloni – aggiunge il parlamentare azzurro – sta facendo un gran lavoro per irrobustire la lotta alla criminalità organizzata, che ormai naviga con destrezza nell’era digitale utilizzando le nuove tecnologie per nascondere i suoi traffici e le comunicazioni. Per Forza Italia, con il nostro segretario nazionale Antonio Tajani, quella alla mafia è una lotta quasi identitaria, la portiamo avanti anche con la tenacia e la determinazione di colleghi di partito che hanno una storia precisa come la deputata Rita Dalla Chiesa e l’eurodeputata Caterina Chinnici”.

In Antimafia state tracciando un profilo della mafia dei nostri tempi?

“Il rapporto tra mafia e nuove tecnologie è al centro dello studio del X Comitato della Commissione Antimafia, di cui sono coordinatore, e con il presidente Chiara Colosimo stiamo portando avanti un lavoro importante per offrire al legislatore un ritratto puntuale della mafia del nuovo millennio. Un impegno necessario perché il contesto non è più quello che ricordiamo, legato a rituali e gesti sacri: oggi, le organizzazioni criminali hanno cambiato forma, si sono trasformate e hanno un modus operandi che bisogna conoscere affinché il contrasto alla ‘mafia 2.0’ sia efficace. Il mutamento della mafia viaggia su due binari: il primo è quello delle frontiere digitali; il secondo riguarda le modalità con cui serpeggia nel tessuto sociale e nell’economia. Conoscere entrambi è condizione essenziale per lo Stato. È questa la ragione del nostro impegno in Commissione, con il contributo della magistratura, delle forze dell’ordine e di tutti coloro che concorrono alla causa”. 

La mafia 2.0, come la definisce lei, si serve delle nuove tecnologie soprattutto nelle comunicazioni. Come funziona?

“L’obiettivo della mafia è sfuggire, essere invisibile e non intercettabile dall’Autorità Giudiziaria. La tecnologia, purtroppo, offre molti strumenti. Ci sono le app di giochi anche per ragazzi che la mafia usa per comunicare attraverso le chat interne con cui concorda i trasferimenti di ingenti quantità di droga, ad esempio. Parliamo di vero e proprio traffico internazionale. Ci sono, poi, i cryptophone ovvero degli apparecchi che sembrano telefoni, ma non lo sono e operano su piattaforme di comunicazione sicure e protette da qualunque forma di intercettazione. Sono dispositivi utilizzabili in comunicazioni soltanto con altri utenti dotati del medesimo apparecchio. Un circuito inattaccabile, in sostanza, che garantisce la sicurezza dei contatti”.

Le organizzazioni criminali si sono evolute anche dal punto di vista finanziario.

“Esatto. Negli anni, nuovi strumenti sono entrati nella galassia finanziaria, rivoluzionandola in chiave digitale e la mafia, oggi, se ne serve per proteggere i suoi scambi commerciali e i suoi guadagni. Parlo, per esempio, delle criptovalute: sono diventate indispensabili per occultare gli scambi finanziari perché è impossibile identificare gli utilizzatori: è diventato così più semplice nascondere i traffici di valute e anche ripulire all’interno di circuiti legali. È praticamente più difficile contrastare il riciclaggio”.

L’intelligenza artificiale avanza velocemente. La mafia la utilizza?

“Certo. L’intelligenza artificiale ha potenzialità straordinarie per il sistema legale e, dunque, anche per quello illegale. La mafia se ne serve per gestire comunicazioni immuni dall’occhio degli inquirenti, per lanciare attacchi informatici ancora più evoluti e difficili da contenere e, naturalmente, anche per potenziare tutte le sue attività illegali”.

Lo scenario è evidentemente complesso. Lo Stato è preparato?

“No, non è preparato come dovrebbe. Occorre un rinnovamento deciso degli strumenti di contrasto. È evidente che pensare solo alle intercettazioni telefoniche o alla lista dei movimenti bancari sia decisamente fuori dal tempo: c’è un nemico che ha superato questa fase e dobbiamo adeguarci, se vogliamo combattere la mafia del nostro tempo”.

Quali sono i passi da compiere?

“L’obiettivo del lavoro della Commissione è di fornire al Parlamento una mappa precisa per predisporre interventi legislativi efficaci e al passo con i tempi. È da qui che si deve partire: se non modifichiamo la legislazione attuale, ci ritroveremo con le armi spuntate e questo non è possibile. Ciò vale per la legislazione nazionale come per quella europea: anche l’Ue deve accelerare e agevolare gli stati membri, riformando il quadro normativo, a fornirsi di strumenti adeguati. Tradotto: la mafia non è solo un problema dell’Italia e, perciò, va affrontato anche a livello europeo”.


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