La saga Savoia nelle pagine di Lucrezia Bano
La storia dei Savoia è diventata romanzo sotto la penna di Lucrezia Bano, ricercatrice e dottoranda presso l’Università di Torino, che considera la scrittura ragione di vita e input di maturazione personale. “Il Conte Grande – I Savoia, la storia, il romanzo” (Le Trame di Circe Edizioni) propone una narrazione che si snoda lungo 70 anni di storia, a partire dall’assemblea plenaria di Giaveno del 1286, e si sviluppa tra guerre, conflitti e contese per i confini territoriali. Uno scritto che nel delineare il complesso affresco di un’epoca narra i vari personaggi anche attraverso il loro bagaglio sentimentale intimo e smentisce in molti casi il diffuso cliché di un potere che va di pari passo con la forza interiore. Emerge infatti un potere femminile inaspettato rispetto ai tempi. L’identità ha incontrato l’autrice per saperne di più.
Lucrezia, una saga importante su una dinastia che è parte della Storia d’Italia. Come è nato il progetto?
Dall’idea di “risolvere” il silenzio dei personaggi che ho amato studiare per conto mio, saldando insieme narrazione epica e intimista: togliere la lente della retorica storiografica dal nudo sostrato umano, e lasciar aleggiare lo spirito della dinastia come una madre matrigna, ambivalente. Con altre dinastie reali europee si fa questa operazione da tempo, attraverso romanzi e serie tv, e sono scelte che vengono premiate. Le storie dei Savoia non sono da meno; anzi sono intorno a noi.
La ricerca è per te passione e professione. Che tipo di soddisfazioni ti regala?
La ricerca trasmette, come strumento più trasversale, il metodo, che è sempre utile nella scrittura, ma diventa imprescindibile quando ci si confronta con un’ambientazione storica. Trattandosi di narrativa, si può sì decidere di integrare elementi, di spingersi fino all’anacronismo, ma deve essere sempre una scelta motivata e deliberata e mai residuo di un lavoro preparatorio lacunoso. La soddisfazione più grande è avere la percezione di reggere il passo dei propositi narrativi che ci si è posti.
Come nasce il tuo amore per la scrittura?
La scrittura è un livello di esistenza per me, una voce altra un po’ infestante, e posso dire lo sia sempre stata. Prima di scrivere le storie le raccontavo a voce alta. Non riesco a pensare – e pensarmi – fuori dalla scrittura, ha fatto da sfondo ad ogni fase di crescita e maturità”.
A cos’altro ti stai dedicando?
Dopo l’ambientazione medievale di questo romanzo, mi sto mettendo alla prova con quella del Seicento, estremamente stratificata, ricca di fonti e rivoluzioni: tracciare profili incisivi di figure quali Richelieu e contesti quali la corte del Re Sole è forse la sfida più grande che abbia mai affrontato, ma mi permette di assumere tanta consapevolezza.
Quali sono i prossimi obiettivi che ti piacerebbe raggiungere?
Essendo i generi letterari soltanto pretesti per elaborare le mie tante ossessioni, come scrittrice mi piacerebbe giocare con altri ancora. Per esempio, con quel tipo di fantascienza che compromette le certezze della nostra realtà, lasciandoci punto a capo con le domande.
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