Un esemplare di Granchio Blu nelle vasche dell'Acquario di Genova. Genova, 31 ottobre 2023.
ANSA/LUCA ZENNARO
Fa così caldo che se ne muore pure il famigerato granchio blu mentre i campi del Sud cominciano a temere la sete e nei supermercati i consumatori fanno incetta d’acqua e birra. La prima notizia arriva dal delta del Po dove s’è registrata un’autentica moria di crostacei. Le immagini di decine di granchi senza vita nelle acque del Polesine hanno scatenato le polemiche e ravvivato le paure di chi ritiene che il caldo stia, pian piano, ammazzando il Paese. La colpa, quindi, è stata subito data alle alte temperature che metterebbero in ginocchio le chance di sopravvivenza di una specie, aliena all’ecosistema italiano, che sta causando tanti danni da far sospirare i pescatori veneti: “È come la xylella”. E, come se non bastasse, nemmeno i ristoranti, nonostante la “moda” di farsi il granchio blu in zuppa o usarlo per condire la pasta (qualcuno lo mise persino sulla pizza) con cui si provò ad arginarne la prodigiosa prolificità, li vogliono più. Non si può mangiare, almeno non tutto. E così accade che la Regione Emilia-Romagna, anche quest’anno, ha dovuto sganciare un milione di euro per disfarsi di carapaci, chele, lische ed esemplari morti. Se sarà stato il caldo dell’anticiclone africano ad uccidere i parassiti blu che hanno messo in ginocchio la produzione di mitili e vongole lo diranno le analisi che sono state commissionate dopo la scoperta dei fatti. Per i pescatori, però, è un sospiro di sollievo. Almeno a metà. Già, perché non basta la sfida del granchio blu. Rimangono da combattere altre specie infestanti che stanno dando filo da torcere alla pesca. Dalla mucillagine, la cui formazione sarebbe una diretta conseguenza dell’innalzamento delle temperature delle acque dei nostri mari, fino al vermocane, una specie che sta facendo impazzire bagnanti e pescatori al Sud. I primi perché ne hanno paura: i vermocani sono pericolosi al contatto e causano edemi e pruriti dal momento che sono letteralmente coperti di tossine; i secondi perché questi vermi di mare si nutrono dei pesci che finiscono ammagliati nelle reti e, in pratica, si nutrono delle loro carni intrappolate lasciando ai pescherecci l’amara sorpresa di trarre dal mare una schiera di lische.
Se la pesca piange, l’agricoltura non ha proprio niente per cui sorridere. Dalla Sicilia alla Basilicata fervono i tavoli regionali per far fronte alla crisi idrica. I campi sono assetati e Coldiretti ha denunciato che, in Puglia, ci si mettono pure i ladri di metalli (leggi rame) che rubano cavi dei pozzi artesiani mettendoli praticamente kappaò. Il neo capo dipartimento della Protezione Civile, Fabio Ciciliano, ha messo la siccità in cima alle preoccupazioni del suo mandato e, intervistato dal Corriere della Sera, ha ripetuto un concetto di buon senso parlando dell’importanza delle infrastrutture e della loro manutenzione: “La prima cosa da fare è evitare le perdite o perlomeno ridurle, quindi riparare la rete, mettere mano agli invasi delle dighe – ha affermato Ciciliano -. Però, dico, siamo alle solite: la gestione dell’emergenza idrica non si fa d’estate, quando l’acqua manca. Perché l’emergenza poi costa tanto, costa più dell’ordinario”. Arrivano da diverse aree del Sud, Sicilia in testa, notizie inquietanti che parlano di aumenti, per il costo di un’autocisterna, arrivati fino al 250%. In pratica, poco meno che triplicati. E siamo solo a luglio. Ma questo è un dramma che contagia tutto il Sud: “Fosse solo la Sicilia. Anche la Calabria e la Puglia sono alle prese con la grande sete. Ho appena parlato col direttore della Protezione civile siciliana, mi ha detto che sull’isola non piove da maggio. E se l’acqua non c’è comunque va trovata. Mica solo quella da bere, pure quella per i campi, per gli animali”. Un compito non facile. Intanto gli italiani, l’acqua, la cercano al supermercato. Le alte temperature estive hanno portato a un aumento importante degli affari. La catena de Il Gigante, nei giorni scorsi, ha riferito che gli acquisti di bottiglie d’acqua sono aumentati del 20%. Al di là dei gelati, che si godono la loro stagione, schizzano anche le vendite di bibite e succhi di frutta (+15%) oltre che dell’ortofrutta, con una particolare attenzione alla stagionalità. In pratica, angurie e meloni sono in grande spolvero e stanno trascinando verso l’alto (+15%) i consumi di frutta e verdura in estate.