Editoriale

Le Olimpiadi della guerra

di Adolfo Spezzaferro -


Le Olimpiadi della guerra. E non della pace. La retorica non c’entra: è un dato di fatto, i Giochi olimpici di Parigi, a cento anni esatti dall’ultima volta che si sono tenuti nella capitale francese, non solo non fermano le guerre ma potenzialmente attirano una guerra in casa. Tanto che oggi le nazioni europee si interrogano se abbia ancora senso ospitare le Olimpiadi, con il rischio conclamato di attentati. Tanti analisti sostengono che l’Occidente sia debole e quindi un obiettivo facile per chi si ritiene forte, magari perché convinto dalla propria ideologia o dal furore religioso. È vero il contrario, a nostro avviso: finché l’Occidente favorirà o scatenerà conflitti nel mondo, sarà odiato su scala globale e quindi un potenziale obiettivo da colpire. Oggi che le Olimpiadi sono una scommessa molto pericolosa sul fronte della sicurezza e che di certo non interrompono le guerre nel mondo, nel solco della tradizione che fu della Grecia antica, assistiamo a ingiustizie, sperequazioni: altro che fratellanza nel nome dello sport. Il Papa, che fa il suo lavoro, ha invocato più volte la tregua olimpica, ma niente. Le guerre vanno avanti, così come le divisioni e le diffidenze in un mondo multipolare dove l’Occidente pretende di essere ancora egemone. Lo spirito olimpionico, la speranza di pace, l’opportunità di dialogo sono compromessi da un clima di paura, palpabile a Parigi e in tutta la Francia. Certo, lo sport è vero che unisce, che dà a tutti le medesime opportunità, che sublima nell’agonismo e nella competitività quell’antico spirito guerriero che gli atleti mutuano in voglia di vincere. Tutto intorno però assistiamo sgomenti a morte e distruzione, a popoli oppressi da potenze spietate, a fake news e apparati di propaganda contrapposti, intenti a costruire narrazioni che confutino le narrazioni degli avversari. Voi direte che è sempre stato così, è vero. Ma adesso è peggio, perché con l’illusione di essere informati in tempo reale grazie a smartphone e social, l’opinione pubblica è ancora più manipolabile su larghissima scala. Certo, chi vince la corsa dei 100 metri la vince veramente e meritatamente. Godiamoci dunque un po’ di verità (olimpionica) in un mondo di menzogne.


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