Attualità

I POTERI CORTI – I corpi “interfluidi”

di Marco Travaglini -


“I corpi intermedi si collocano su una linea ideale che parte dal cittadino e arriva alle istituzioni, vale a dire le organizzazioni legittimate a rivendicare gli interessi dei cittadini in nome e per conto delle rispettive comunità agendo da collettori di specifici interessi di cittadini e come organizzazioni rappresentative”. Così Wikipedia definisce l’arcipelago delle comunità/corpi intermedi (C.I.): enti del terzo settore, associazioni, soggetti di rappresentanza sindacale e imprenditoriale, autonomie funzionali e similari.
Perché, da qualche decennio, tale arcipelago vive una profonda crisi in Italia? E quali sono il ruolo, le funzioni e i compiti dei C.I. nelle moderne società complesse, contaminate da tecnologie, fluidità sociale, velocità, frammentazione individualistica, disintermediazione ed eccessi di democrazia diretta, spesso populista, plebiscitaria e delegittimante le istituzioni rappresentative?

Riguardo alle associazioni imprenditoriali, ritengo importanti due considerazioni:
1) nella società “esterna” alle stesse, vi è un mix disomogeneo/implosivo di realtà provenienti da contesti completamente diversi per missione, obiettivo e dimensione, la cui immissione interna a tali sistemi “corporativi” – gestiti in maniera novecentesca da figure apicali incapaci spesso di dirigere, figuriamoci di uniformare tale frammentazione – genera conflittualità soprattutto in chi vuole smuovere un po’ le acque e, invece, si ritrova, “inevitabilmente costretto”, a seguire un filone politico (non rappresentativo) fatto di promesse, di palazzo, di cariche consiliari interessate solo a portare acqua al mulino delle solite “poltrone”;

2) la forte frammentazione individualistica e la mancanza di solidarietà professionale/personale della società “esterna” permeano e contaminano l’interno dei C.I., compromettendone ruolo e funzione di collettore sempre a causa di dirigenti poco deleganti e ancor meno abilitanti. Disomogeneità, individualismo sociale, corsa alle poltrone per la (auto) rappresentanza o l’appartenenza a contenitori privi di contenuto, complicano il tutto, declassando la concertazione, le organizzazioni, le associazioni e tutti i C.I. – privati ormai anche della loro funzione rappresentativa – riportati a mero strumento di vecchie logiche corporative. La partita sarà giocata sul campo della valorizzazione/rilancio del ruolo, anche politico dei C.I., nonché della cultura della mediazione e del dialogo sociale/istituzionale.
Servono però processi precisi: se la ricetta strategica è sostenere il desiderio delle persone di costruire il bene comune – senza accontentarsi di una logica corporativista ed in alcun modo non più rappresentativa – occorre individuare, all’interno dei C.I., figure socio-operative collanti, selezionando dirigenti (sani) capaci di validare ed attuare proposte fuori da logiche politico-partitiche ed opporsi a quell’individualismo (da “poltrone”) non solidale e in forte antitesi con la missione democratica di tali intermediari socio-economici.


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