Esteri

La doppia mossa di Netanyahu e Ben Gvir allontana la pace a Gaza

di Ernesto Ferrante -


La Knesset ha approvato con 68 voti a favore, nove contrari e nessuna astensione, una risoluzione che esprime l’opposizione di principio del Parlamento israeliano alla creazione di uno Stato palestinese a ovest del fiume Giordano. La drastica “chiusura”, voluta dal primo ministro Benjamin Netanyahu insieme ai partiti di destra all’opposizione, ha incassato il sostegno della formazione centrista di Benny Gantz, “Unità nazionale”. Secco il “no” del partito arabo di Ràam, dei laburisti e della coalizione di sinistra Hadash-Tàal. Si sono invece astenuti, lasciando l’aula prima della votazione, i deputati della forza d’opposizione Yesh Atid di Yair Lapid, sconfessandosi di fatto da soli, visto l’appoggio manifestato più volte alla soluzione dei due Stati. Nel testo si afferma che il Parlamento è “fortemente contrario alla formazione di uno Stato a ovest della Giordania” in quanto la creazione di una entità statuale “nel cuore di Israele” rappresenterebbe “una minaccia all’esistenza di Israele e ai suoi cittadini, perpetrando il conflitto tra israeliani e palestinesi e l’instabilità nella regione”, aggiungendo che “sarà solo questione di tempo prima che Hamas prenderà il potere trasformandolo in uno Stato terrorista”.
La mossa arriva a pochi giorni dal discorso che il premier Netanyahu terrà al Congresso degli Stati Uniti il prossimo 24 luglio, in un momento in cui è già forte la tensione con l’amministrazione Biden e una parte di democratici contrari al modo in cui Tel Aviv sta conducendo la sua offensiva militare nella Striscia di Gaza. L’annuncio del governo israeliano è anche un guanto di sfida lanciato a Spagna, Norvegia, Irlanda e a ben 146 Stati all’Assemblea generale dell’Onu che si sono mossi in senso opposto.
“La decisione della Knesset è una condanna a morte degli Accordi di Oslo” ha commentato su “X” Mustafa Barghouti, il leader dell’Iniziativa nazionale palestinese. L’intesa fu siglata in Norvegia nel 1993 tra i leader israeliani e palestinesi e definiva un percorso per la creazione di uno Stato di Palestina, che avrebbe dovuto portare alla fine delle ostilità e soprattutto alla coesistenza pacifica tra “due popoli in due Stati”. “Non c’è pace né sicurezza per nessuno senza l’istituzione di uno Stato palestinese in conformità con la legge internazionale”, ha detto Nabil Abu Rudeina, portavoce del presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp), Abu Mazen. “Queste decisioni, ha proseguito Rudeina, confermano l’insistenza di Israele e della sua coalizione di governo nel voler gettare l’intera regione nell’abisso”. Il portavoce ha accusato gli Usa di essere “responsabili a causa della loro parzialità e del loro sostegno illimitato” ad Israele. A gettare altra benzina sul fuoco ci ha pensato il ministro israeliano per la Sicurezza nazionale di estrema destra, Itamar Ben Gvir, andando a pregare per la liberazione degli ostaggi israeliani nel complesso di Al-Aqsa.
“Sono venuto qui nel posto più importante per il popolo ebraico a pregare per gli ostaggi, affinché tornino a casa, ma non con un accordo di resa, senza arrendersi. Prego e mi impegno affinché il primo ministro abbia l’energia per non cedere, e che arrivi fino in fondo rafforzando la pressione militare, fermando la loro benzina, in modo da vincere”, ha dichiarato Ben Gvir. Situato nella Città Vecchia di Gerusalemme Est, è il terzo luogo più sacro dell’Islam e il primo per gli ebrei, che lo chiamano “Monte del Tempio”.
Continua ad aleggiare il mistero intorno alla sorte di Mohammed Deif. Secondo fonti di Gaza, il capo militare di Hamas è stato “colpito” mentre si trovava in una villa ad Al Mawasi, bombardata dall’esercito israeliano quattro giorni fa. Alcuni danno come già decretata la sua successione, con l’investitura del comandante della brigata Gaza, Ezz A-Din Haddad. I militari israeliani hanno confermato di aver eliminato Muhammed Jabara, elemento di spicco del Movimento islamico di resistenza, in un attacco con droni a Ghazze, nella parte orientale del Libano.


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