L’uomo in più l’esordio del premio Oscar Sorrentino
Sarà al cinema il prossimo 24 ottobre con Pathenope, suo decimo lungometraggio, presentato in concorso alla 77esima edizione del Festival di Cannes. Paolo Sorrentino, vincitore del Premio Oscar per La grande bellezza, è oggi sicuramente tra i maggiori registi italiani più apprezzati all’estero. L’esordio alla regia avviene nel 2001, con L’uomo in più, presentato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e vincitore del Nastro d’Argento come miglior film esordiente.
Potere, solitudine e rivalsa.
L’uomo in più, la trama
Antonio Pisapia, in arte Tony, è un crooner dalla voce seducente, conteso dalle donne e coccolato dai manager. L’altro Antonio Pisapia, invece, è un difensore granitico che, dopo un grave infortunio, si ritira dai campi di gioco con il progetto di diventare un allenatore. Entrambi i Pisapia vivono l’apice del successo per poi vedere la propria carriera frantumarsi in mille pezzi.
I premi vinti da L’uomo in più
Il primo lungometraggio scritto e diretto da Paolo Sorrentino esce nelle sale italiane il 31 agosto del 2001 e incassa circa 250 mila euro. Non certo un successone, ma va considerato che all’epoca il regista campano, classe 1970, era un esordiente pressoché sconosciuto, con qualche esperienza come segretario di edizione, aiuto regista e la con – direzione, insieme a Stefano Russo, del cortometraggio Un paradiso.
In ogni modo, ancor prima di girare il suo primo lungometraggio, il regista si fa subito notare. Nel 1999, infatti, la sceneggiatura de L’uomo in più si aggiudica il Premio RAI International. Dopo la sua realizzazione il film vince due Ciak d’oro (Miglior sceneggiatura e Ciak d’oro Mini – Skoda Bello & Invisibile), un Nastro d’argento e viene inserito nei finalisti dei David di Donatello, come miglior opera prima, categoria poi vinta da Santa Maradona di Marco Ponti.
Riconoscimenti che dimostrano il valore artistico di un film che anticipa i temi portanti della filmografia del premio Oscar. In una vicenda ispirata dal suicidio del calciatore della Roma, Agostino Di Bartolomei, Paolo Sorrentino costruisce due storie parallele con protagonisti due personaggi tanto diversi quanto vicini.
Andrea Renzi e Toni Servillo
Siamo negli anni Ottanta e i Antonio Pisapia, interpretati da Andrea Renzi e Toni Servillo, stanno vivendo l’apice del successo. Il primo è un granitico difensore, che progetta il suo futuro da allenatore, il secondo, invece, un famoso cantante osannato dal pubblico, specie quello femminile. Tutto fila liscio come l’olio per entrambi. Un goal di mezza rovesciata per il Pisapia calciatore e l’ennesimo trionfo all’ultimo concerto per il Pisapia cantante fanno sperare in un futuro roseo per entrambi.
Ma poi ecco l’imprevisto. Uno scandalo sessuale colpisce il cantante e il calciatore è vittima di un brutto infortunio ai legamenti del ginocchio. Come un fulmine a ciel sereno, i due protagonisti di L’uomo in più vedono le proprie carriere frantumarsi in mille pezzi.
Una parabola discendente
Paolo Sorrentino mostra la parabola discendente dei protagonisti in modo magistrale, senza sbavature e con un preciso disegno di scrittura innovativo e coraggioso. I rimandi tra le due storie sono tanti e tutti inseriti in un intreccio coerente e affascinante, accompagnati da una regia suggestiva, probabilmente più genuina e spontanea di quella dei film successivi.
È in questo contesto che il regista inserisce uno dei suoi temi più cari: la solitudine. Con le loro carriere Antonio Pisapia cantante e Antonio Pisapia calciatore perdono tutto, famiglia, amicizia e amore. Entrambi si trovano costretti ad attraversare un deserto, un tempo terra di abbondanza e successo.
La poetica di Paolo Sorrentino
La loro è una lotta all’insegna della sopravvivenza, per la riconquista della fama, svanita nel nulla. Hanno caratteri diversi, spavaldo e arrogante il Pisapia/Servillo, riservato e abbattuto il Pisapia/Renzi, ma entrambi appaiono dominati da una forte ossessione, che tramuta le loro azioni in una sorta di riti profani, ma sempre con una forte connotazione sacrale.
Atti molto diversi tra loro, come l’assunzione di droga, il cucinare il pesce e studiare le azioni di una partita di calcio, eseguiti per colmare, con l’illusione, una vita ormai vuota.
È in questo schema narrativo che Paolo Sorrentino esibisce, per la prima volta, la sua poetica. Una prassi che va ben oltre allo stile, capace di esprimersi attraverso le immagini, ma sostenuta da una scrittura solida e organizzata nei più piccoli particolari. Nulla è lasciato al caso e, anche se si tratta di un’opera prima, L’uomo in più risulta, ancora oggi, a distanza di vent’anni dalla sua uscita, un film attuale e innovativo.
Paolo Sorrentino per preparare il film si documenta molto e fa tesoro dei racconti dei testimoni ascoltati. Come Bruno Pesaola, l’ex allenatore di Napoli e Fiorentina, il quale riferisce al regista le regole non scritte dello spogliatoio. Sembra nata dai racconti del mister la sequenza iniziale, dove assistiamo a una sfuriata di un allenatore infuriato con i suoi calciatori.
Un racconto poi reso proprio dal regista che la traduce in una peregrina, ma efficace citazione cinematografica che rimanda all’istruttore nevrotico di Full Metal Jacket.
Il pareggio non esiste
Con L’uomo in più, inoltre, Paolo Sorrentino dimostra grande capacità organizzativa nella messa in scena che ricostruisce l’ambientazione degli anni Ottanta, un po’ pacchiana e kitsch, equilibrando il tutto con una fotografia fredda, molto contemporanea. Una scelta estetica azzeccata, perché sostenuta da una narrazione sempre coesa e mai disgregante, come la tesi finale del film.
Il pareggio non esiste, è questa una delle frasi più celebri del film, che racchiude l’essenza dell’intero lungometraggio. Due esistenze parallele che non s’incrociano, ma che trovano lo stesso scopo, dove la morte diventa vita e la reclusione libertà.
Buona la prima! senza alcuna riserva per L’uomo in più di Paolo Sorrentino che, come regista esordiente, riesce ad anticipare il suo cinema con uno sguardo innovativo nel panorama della cinematografia italiana nei primi anni duemila.
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