Sociale

Lavoro come conquista sociale. Ecco come cambiano i sampietrini

di Andrea Canali -


Il lavoro sicuramente nobilita l’uomo e non lo rende simile alle bestie.
Partendo da questo assunto generale, che può sembrare gravoso in termini sociologici, come non constatare che vi è una fase di grande cambiamento a tutti i livelli e in ogni ambiente, compresi gli ambienti vaticani, rispetto al lavoro in quanto tale. Infatti, partendo fin dalla lontana Enciclica Rerum Novarum dedicata da Papa Leone XIII al mondo operaio, dove si viene affermato il principio “della giusta mercé per il giusto lavoro” passando poi per la Enciclica Laborem exercens a 90 anni dalla Rerum Novarum di San Giovanni Paolo II che tratta del lavoro umano, si è arrivati fino ad oggi, con lo sviluppo dello smart working e la pulsione verso l’utilizzo, speriamo non eccessivo, o spropositato della Intelligenza Artificiale, che potrebbe spersonalizzare l’individuo. Quindi la considerazione dell’universo femminile rispetto al lavoro prima in Italia dove ha conquistato piano piano rispetto, fino ai cambiamenti lenti ma significativi che sono arrivati anche all’interno dei sacri palazzi dove per la prima volta, dopo 500 anni dalla fondazione della Fabbrica di San Pietro, due donne sono entrate a far parte dell’organico degli addetti alla basilica ossia i sampietrini i quali sono esperti custodi ma anche manutentori, della Basilica Vaticana stessa. In particolare, sono due ragazze giovani di 26 e 21 anni una originaria del nord e l’altra del sud d’Italia, le quali provengono professionalmente da un percorso di studi artistici, in quanto hanno frequentato il corso per decoratori, stuccatori e muratori della Scuola Arti e Mestieri della Fabbrica di San Pietro. “La presenza delle donne – rivela padre Enzo Fortunato, direttore della Comunicazione della Basilica di San Pietro in Vaticano – non è nuova nella lunga e antica esperienza di lavoro e di arte della Fabbrica, ma in nessun caso finora lavoratrici femminili erano entrate nel corpo dei sampietrini. Da anni, infatti, è consolidata la presenza di mosaiciste nello Studio del Mosaico Vaticano annesso alla Fabbrica. In termini storici, nel 1500, venivano impiegate come maestranze vedove e/o orfane, quasi sempre titolari di un’impresa a condizione familiare ereditata da un defunto marito o padre, alle quali la Fabbrica garantiva le stesse condizioni economiche e di trattamento lavorativo che erano state assicurate al capofamiglia uomo. Con il passare del tempo sono state assunte donne nelle diverse professioni, ma fino ad oggi nessuna era riuscita ad entrare tra i sampietrini.
Inoltre, altro fatto sorprendente: in Vaticano è stata prevista una nuova norma dell’Istituto per le Opere di Religione (IOR) la quale ha creato una forte riflessione tra i dipendenti. Quindi, dopo il provvedimento di divieto di tatuaggi, piercing e convivenze, è stata introdotta una regola che mette a rischio il posto di lavoro dei dipendenti che decidono di sposarsi tra di loro. In realtà tale previsione è già presente a livello internazionale nei codici di svariate grandi aziende sia private che della pubblica amministrazione dove non è possibile sposarsi tra colleghi. Quindi, il nuovo regolamento specifica che i dipendenti che si sposano devono affrontare il rischio di licenziamento entro 30 giorni dalla celebrazione del matrimonio. A meno che uno dei due non decida di dimettersi volontariamente. Questa norma ha già creato difficoltà a due giovani impiegati dello Ior, che si sono conosciuti e innamorati sul posto di lavoro. Ora, di fronte alla prospettiva del matrimonio, si trovano costretti a scegliere tra l’amore e la carriera. Il caso è già stato portato alla valutazione dell’Ulsa, ossia il tribunale del lavoro del Vaticano, che però non ha ancora preso una decisione in merito.
In conclusione chiudiamo con le parole illuminanti del 10 dicembre del 2016 di Papa Francesco il quale affermò: “Lavoriamo tutti con decisione perché nessuno sia escluso dagli effettivi riconoscimenti dei diritti fondamentali della persona umana”, compreso il lavoro che è dignità.


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