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La vera sfida sarà spiegare la nuova sanità col Pnrr

di Giovanni Vasso -

epa10449290 A doctor takes care of a patient suffering from liver failure in the intensive care ward of a hospital in Sana'a, Yemen, 05 February 2023. The health service in Sana'a launched an appeal to national and international donors for an emergency humanitarian response, after warning that nearly 2.5 million Yemenis suffer from liver diseases and need treatment. Yemen's healthcare system is extremely fragile, in large part because of the prolonged ongoing conflict. Over 12,000 patients with acute liver failure urgently need a liver transplant abroad but can’t afford to travel. The number of liver disease deaths in Yemen have reached nearly 9,000 in the past three years, according to figures released by the World Health Organization (WHO). EPA/YAHYA ARHAB


Sanità e Pnrr. Ognuno deve fare la sua parte. Il ministro alla Sanità Orazio Schillaci sa che lo attende un compito gravoso e che, da solo, non riuscirà ad assolvere la missione che, se non è storica, poco ci manca. Quella di portare il sistema sanitario nazionale nel Terzo millennio. E farlo davvero. Rottamando, una volta e per sempre, i piani di riordino messi in atto qua e là in ogni parte d’Italia (ma specialmente al Sud) negli ultimi decenni. Piani di sanguinosi tagli e clamorose chiusure che, invece di garantire i livelli di assistenza risparmiando sui costi, sono riusciti nel miracolo di far lievitare i costi complicando, come ha dimostrato la pandemia Covid, l’accesso ai servizi sanitari per i cittadini italiani. “Se vogliamo ammodernare il Ssn, come per le liste d’attesa, c’è bisogno del contributo di tutti e nessuno può in qualche modo tirarsi indietro”, ha affermato il ministro durante un convegno pubblico celebratosi nel fine settimana. L’obiettivo è questo. Tutti, dagli ospedali fino alle farmacie, devono remare nella stessa direzione. Ma quale sarà il futuro della sanità italiana? Per scoprirlo occorre spulciare dentro le milestones e i target imposti alla sanità dal Pnrr. Il disegno, in realtà, è già noto da tempo alle burocrazie italiane di ogni livello.
L’ospedale, nella nuova rete sanitaria, deve rappresentare l’extrema ratio. Da anni ci diciamo che i pronto soccorso sono ingolfati, che i medici non vogliono andarci a lavorare, poco allettati dalle paghe offerte. Via libera, dunque, a una serie di strutture intermedie che poi non rappresentano altro che lo sviluppo di quelle che, una volta (e fino a oggi), sono state le guardie mediche. Il primo gradino della “piramide sanitaria” imposta dalla Missione 6 del Pnrr è nelle Case di Comunità, a loro volta suddivise in Hub e Spoke. Le prime dovranno garantire servizi di base a comunità tra i 40-50mila cittadini mentre le seconde saranno a disposizione di territori meno popolati e garantiranno meno servizi rispetto alle Hub. Tra questi ci sono cure primarie, assistenza domiciliare e alcuni servizi ambulatoriali (per patologie molto diffuse, dalla cardiologia alla pneumatologia). Alle Hub competerà garantire la continuità assistenziale. Il Pnrr, che affida alle Cdc anche la telemedicina, ne prevede almeno 1.038 funzionanti entro il 2026.
Subito sopra c’è l’ospedale di comunità. Si tratta di strutture finalizzate a “filtrare” gli accessi al Ssn e dedicate alle patologie minori, all’assistenza quando quella domiciliare non basta, a sostenere il percorso di convalescenza e dimissioni. Il Piano ne prevede 307 entro il 2026. In cima ci sono le Centrali operative territoriali. Previste ogni 100mila abitanti, ce ne dovranno essere almeno 480 entro due anni. Si occuperanno del coordinamento degli interventi, dell’assistenza e della tenuta dei dati dei pazienti assistiti tramite telemedicina e telemonitoraggio. I cardini della riforma, dunque, saranno due. Più vicinanza territoriale, più digitalizzazione per seguire ogni singolo paziente. Nell’ultima legge di bilancio ci sono 600 milioni di euro per il personale sanitario da impiegare sui territori (250 per il 2025, 350 per quello successivo). L’organizzazione per medici e infermieri cambierà radicalmente e si fonderà sulle Aft (aggregazioni funzionali territoriali) e Uccp (Unità complesse di cure primarie), operative 24h e sette giorni su sette. Inoltre i medici di famiglia, obbligatoriamente, aderiranno al sistema informativo di ogni Regione e a quelli nazionali. Proprio per coordinare e migliorare l’assistenza dei pazienti. Più facile a farsi che a dirsi. E sarà proprio “spiegare” il nuovo sistema sanitario nazionale la vera sfida per una burocrazia che non sa esprimersi se non con l’antilingua di calviniana memoria e per una politica che non sa più confrontarsi senza litigare. “Ognuno deve fare la sua parte”, ha affermato Schillaci. Perché tra chi non parla e chi non ascolta, in mezzo, c’è il bisogno di cure di milioni di cittadini, spesso anziani, che pretendono, a ragione, di accedere a quello che è uno dei diritti fondamentali garantiti dallo Stato. Il Pnrr ambisce a rivoluzionare la sanità. Spiegare cosa succederà potrà rivoluzionare il rapporto tra cittadino e Pa.


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