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LA VALIGIA SUL LETTO – La rinascita romana parte con Umiltà (36)

di Nicola Santini -


Si chiama Umiltà 36 ed è un indirizzo che ricorda fasti di un tempo ormai lontano. Rinato da un po’ come hotel di design nel cuore della città eterna, con Fontana di Trevi a un tiro di schioppo e la rinata Galleria Alberto Sordi a meno di due passi, è l’hotspot perfetto per un’immersione in quella Roma contemporanea, che tira dei grandi lunghi ai più osannati hub europei, meta di appassionati d’arte e di comfort attuale. L’albergo si chiama come l’indirizzo, di cui ribattezza, l’identità.
Un luogo dove lasciare la valigia sul letto e la macchina in un qualsiasi garage, uscire dopo una colazione succulenta e sì, godere a pieni polmoni di una Roma ancora addormentata al mattino e poi, a sera poco nottambula ma piacevolmente viva dei dintorni dell’albergo, per poi rientrare e godere di silenzio e luci soffuse, prima nei salottini della hall e poi nelle ampie e attrezzate camere e suite dalle quali non si uscirebbe mai.
Io l’ho provato per un paio di notti e ci avrei trasferito la residenza seduta stante. Ma resto umile, passatemi il gioco di parole, e ci torno quando voglio sentire quel profumo di centro storico in un quadrilatero di grande rispolvero che sta trasformando anche edifici d’epoca come questo in contenitori di arte moderna, contemporanea e design di grido.
Il gioco degli equilibri cromatici è tutt’altro che scontato.
Le materie nobili, dai tessuti alle pietre, ai marmi, sapientemente distribuito per far sì che l’insieme richiami una ricercata leggerezza ma anche un po’ una casuale familiarità con una casa. C’è la storia ma anche il presente. E il wifi veloce, che noi apprezziamo sempre.
In ogni stanza anche il più piccolo particolare è espressione di un perfetto sposalizio tra architettura e design.
Gli anni 50 sono la punteggiatura di un capitolo importante che si snoda in tutto il racconto visivo dell’albergo. Li troviamo nelle poltrone, negli accessori diversi di stanza in stanza, nei mobili bar, nell’uso di certe lacche, negli accostamenti dei colori e nelle texture delle tappezzerie.
E poi, nota che mi fa volare, nel profumo d’ambiente che è stato creato appositamente per l’albergo. I sentori sono di vetiver, una fragranza che riporta indietro proprio lì, ai tempi di una Dolce Vita in cui tutto si è fermato. Nel fantacinema in cui i remake sono meglio degli originali, immagino un’Anita Ekberg dei giorni nostri con un’irripetibile ma speranzoso Marcello Mastroianni, buttarsi nell’iconica fontana dietro l’angolo e tornare in albergo esattamente qui, dove ho dormito io, sognando una Roma che sta rinascendo anche grazie a progetti come questo.
I bagni spesso definiscono lo standing reale di una location di passaggio. Spaziosi, equipaggiati: si capisce la differenza tra bagno e stanza da bagno.
Le coccole quotidiane sono racchiuse nelle boule di vetro che si trovano passeggiando in quella che, se non fosse una hall di un hotel, potrebbe essere una galleria d’arte. Un vero e proprio paradiso per i golosi come lo sono io: liquirizia, bon bon colorati, zuccherini, confetti e marshmellow come se non ci fosse un domani.
La chiave Michelin nuovo blasone della prestigiosa guida agli indirizzi più giusti, è strameritato. Anche perché al bello che domina ogni angolo c’è il buono dell’accoglienza, discreta e gentile di chi lo anima. Servizio, sorriso, disponibilità sono una carta vincente ovunque. Ma qui di più.


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