Hot parade
di Simone Donati
Sale: Vittorio Feltri. Trattato come un Biden qualunque solo per aver detto una sacrosanta ovvietà: perché Tajani fa l’occhietto all’Ursula bis con tanto di inciucione? Gliene hanno dette di ogni. Ma lui, il direttorissimo, ha replicato insulto su insulto: “Senza Silvio, che non era giovane, avreste fatto i netturbini”. Game, set.
Stabile: Simone Cicalone. Lo seguivo dai tempi di Scuola di Botte, quando corcava di mazzate (verbali) i (finti) maestri di arti marziali ciccioni. Poi s’è messo a parlare di delinquenti, quindi s’è dato alle ronde. Ora ce lo ritroviamo su tutte le prime pagine. La verità è che un Paese normale non avrebbe bisogno di (questo) Cicalone né di questi intellò sblusati.
Scende: Jean Luc Mélénchon. Alla fermata Montparnasse del metrò di Parigi c’è scritto chiaramente: Mélenchon collabò. Ieri il capo della sinistra ha annunciato un patto di desistenza per domenica a favore di Macron e i suoi amici dell’alta finanza pur di sbarrare la strada al Rn di Le Pen e Bardella. Va bene che il comunismo è morto ma così si esagera.
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