Bce, finita la stagione elettorale è tempo di austerità. Di rigore. La crescita dell’Europa è stata fin troppo alta. Dovrebbe essere una buona notizia. Per la Bce, invece, non lo è. L’Eurotower si cruccia del fatto che, “nonostante il calo dell’inflazione da oltre 2,5 punti percentuali da settembre 2023 e le prospettive notevolmente migliorate”, tuttavia “persistono forti pressioni interne sui prezzi per l’elevata crescita delle retribuzioni”. Insomma, si guadagna ancora troppo perché la Bce possa allentare la morsa mentre punta ad “assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2 per cento nel medio termine, manterrà i tassi di riferimento su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario”. Giusto per deprimere (ancora un po’) mercati ed economie, la Bce nel suo bollettino conferma la volontà di non intendere “vincolarsi a un particolare percorso dei tassi”. Insomma, il mini taglio di giugno potrebbe restare isolato mentre luglio si avvicina a grandi falcate e alle voci delle colombe “storiche” si unisce anche la Francia, già sottoposta a una procedura per deficit eccessivo, che trema per la tenuta dei conti. Si resterà, dunque, in territorio recessivo per molto tempo ancora dal momento che le stime sull’inflazione sono pure state ritoccate verso l’alto e attualmente gli esperti collocano l’inflazione complessiva, in media, al 2,5 per cento nel 2024, al 2,2 nel 2025 e all’1,9 nel 2026. Ma non basta perché alle porte per la Bce c’è un inverno di rigore e austerità: “Le politiche di bilancio nell’area euro dovrebbe subire un significativo inasprimento, che diverrebbe in qualche misura maggiore nei due anni successivi”. Roma è avvisata. Anche Parigi.