epa11036910 Leonore Gewessler, Federal Minister for Climate Action, Environment, Energy, Mobility, Innovation and Technology of Austria at the start of an European Energy ministers council in Brussels, Belgium, 2023. The Council will seek political agreement on proposals to extend the period of application of three emergency Council regulations. The emergency measures were adopted last year following RussiaÕs war of aggression against Ukraine, in order to enhance solidarity between member states, accelerate the deployment of renewable energy and protect EU's citizens from excessively high energy prices. EPA/OLIVIER HOSLET
Passa il regolamento verde ma col giallo. L’Europa dei mille colori è alle prese con un caso che rischia di far saltare l’impalcatura istituzionale dell’Unione. Ieri, mentre il mondo si stracciava le vesti nel giorno che la liturgia laica dedica alla Siccità, mentre organizzazioni di ogni parte del mondo licenziavano caterve di cifre e dati sul destino amaro che attende il pianeta, il Consiglio dell’Ambiente Ue ha approvato il regolamento sul Ripristino della Natura. E lo ha fatto grazie a un autentico colpo di mano politico da parte del ministro austriaco all’Ambiente, la signora Leonore Gewessler, appartenente ai gruppi Verdi che ha votato “sì” invece di esprimere l’astensione decretata da Vienna sul Nature Restoration Law. In pratica, il regolamento passa grazie al voto di un governo che, nei fatti, era contrario. Grazie a questa forzatura politica, l’Europa avvia il suo piano di recupero e ripristino degli habitat minacciati e degradati.
L’Italia, sul regolamento, uno dei pilastri del Green deal europeo, che aveva fatto infuriare (e non poco) gli agricoltori di mezz’Europa, ha votato “no” insieme a Polonia, Finlandia, Paesi Bassi, Svezia e Ungheria. E la scelta dell’ultimo minuto di Budapest di opporsi ha, per un attimo, bloccato il lungo, interminabile, iter della proposta di regolamento. Fino a che la “manina” del ministro austriaco ha cambiato le carte in tavola. Trasformando l’astensione in assenso, senza ottenere, però, l’assenso del governo di cui faceva parte fino a qualche giorno fa, Gewessler ha di fatto risolto la situazione a favore di Bruxelles. Ma a Vienna, il cancelliere Karl Nehammer non ha la minima intenzione di tenersi, insieme all’offesa di vedersi scavalcato e ignorato dalla Gewessler, la beffa di farsi additare come l’uomo che ha dato l’ok al via libera definitivo a una legge divenuta simbolo, negli ultimi anni, di un approccio che è parso rigido e ideologico al tema dell’ambiente. Così il governo austriaco ha annunciato la presentazione di un ricorso alla Corte europea di giustizia per chiedere che il voto sia invalidato. Contestualmente, è partita una denuncia per la ministra accusata di “abuso d’ufficio” da parte degli (ex) colleghi.
Il caso ha tenuto banco per l’intera giornata di ieri. E la presidenza belga non è sembrata chissà quanto aperta alle rimostranze che arrivavano da Vienna. Les jeux sont faites, rien va plus. Al voto non si torna, dopo tanta fatica, tanti aggiustamenti e ritocchi, troppo sudore, per portare a casa una delle misure simbolo del quinquennio targato Ursula von der Leyen. Restano, però, il tema giuridico e quello politico: può un governo dell’Unione essere vincolato alle decisioni espresse d’imperio da un suo rappresentante in palese contrasto con le indicazioni consegnategli alla vigilia del Consiglio?
Intanto, con l’ok al regolamento sul Ripristino della Natura è giunto l’applauso delle organizzazioni politiche e ambientaliste con Legambiente che ha stigmatizzato il “no” espresso da Roma invitando, ora, il governo a mettere nero su bianco i piani di attuazione nazionale per le aree individuate come quelle da salvare. Coldiretti ha espresso la sua contrarietà: “A livello generale la legge approvata dal Consiglio mantiene un’impostazione ideologica sbagliata che mette in contrapposizione la natura e l’agricoltore, vero custode del patrimonio ambientale. Non è allontanando gli agricoltori dalla terra – rileva la Coldiretti – che si preserva la natura, sono proprio le aziende agricole a garantire quella costante manutenzione senza la quale aumenta il rischio di dissesto e desertificazione”. Insomma, nemmeno i correttivi al regolamento sul ripristino della natura hanno convinto del tutto gli agricoltori italiani. Giudizi che arrivano proprio mentre giungono i dati sulla produzione agricola in Puglia: quella di grano rischia di perdere fino al 45% dei volumi di produzione rispetto a un anno fa mentre l’assottigliamento delle produzioni cerealicole in termini di quantità interessa pure l’orzo, l’avena, il mais e il sorgo oltre al frumento sia duro che tenero.
Intanto, dall’Ispra, arrivano dati allarmanti. Poco meno del 18% del suolo italiano si trova in condizioni di degrado ossia di aree e territori flagellati da erosione, salinizzazione, compattazione, contaminazione e impermeabilizzazione. Cinque cause, tra le altre cose, dalla desertificazione che incombe (anche) sul Paese.